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Ritorno a scuola sì, ma non per tutti: chi ha deciso di posticipare la riapertura e con quali regole, regione per regione

14 Settembre 2020 - 07:28 Felice Florio
Le aperture a singhiozzo stanno creando confusione nel mondo scuola. E le prese di posizione dei presidenti di Campania e Piemonte stanno creando non pochi problemi al governo

La campanella suona. Finalmente. Dopo che la pandemia di Coronavirus ha imposto la chiusura delle scuole, oggi 14 settembre presidi e insegnanti si preparano ad accogliere gli studenti in aula. Ma non dappertutto: alcune regioni hanno scelto di posticipare – e in qualche caso persino anticipare -, la data scelta dal governo.

Con alcune specifiche che riguardano soprattutto le grandi città: a Roma, ad esempio, che rientra nei 13 territori regionali che si sono adeguati alla data del 14 settembre, il 30% degli istituti scolastici resterà chiuso. Stessa stima per l’intero Lazio.

Mancano gli spazi, i banchi e i presidi non vogliono assumersi la responsabilità di riaprire i plessi senza che le misure di sicurezza siano pienamente messe a punto. Anche a Torino è stata rimandata di cinque giorni la riapertura del rinomato liceo classico e linguistico Gioberti. Nella circolare inviata ai genitori, il dirigente scolastico parla di ritardi nella consegna dei banchi monoposto.

La regione che sembra più lontana dalla riapertura, nonostante la data scelta ufficialmente sia quella del 24 settembre, è la Campania. Il governatore Vincenzo De Luca, dopo aver rimandato l’inizio di una settimana esatta, ha detto alla stampa: «Non so se riapriranno il 24 settembre. Ad oggi – ha aggiunto il presidente – non sappiamo quanti banchi siano arrivati, né quanti siano i docenti a disposizione».

Le scelte delle regioni

Sono 12 le regioni – più una provincia autonoma – che hanno scelto di allinearsi alla data governativa del 14 settembre: si tratta di Lazio, Emilia Romagna, Lombardia, Molise, Marche, Toscana, Liguria, Piemonte, Sicilia, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto e la provincia di Trento.

Nelle altre 7 regioni, le scuole riapriranno in date diverse: gli alunni di Abruzzo, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia torneranno in classe il 24 settembre. La Sardegna ha deciso di aprire i plessi il 22 settembre, ovvero dopo il weekend elettorale del 20-21 settembre. Il Friuli-Venezia Giulia, invece, ha optato per riaprire gli istituti il 16 settembre.

All’appello manca la provincia autonoma di Bolzano: qui si è scelto di far rientrare gli studenti a scuola già lo scorso 7 settembre. Le discrepanze sulla tabella di marcia, tuttavia, si sono verificate anche a livello locale. Vo’ Euganeo, ad esempio, la cittadina del Padovano tra le prime in Europa a sperimentare la “zona rossa”, ha aperto le porte delle scuole già il 7 settembre. Ma sono tanti i comuni che, diversamente dall’indicazione arrivata dalla Regione, hanno scelto invece di posticipare le aperture al 24 settembre.

Le criticità e i fronti caldi di Campania e Piemonte

La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina parla di «piccole criticità», ma l’inizio a singhiozzi non tranquillizza genitori, amministratori locali e dirigenti scolastici. In Sicilia, dove le riaperture sono ufficialmente fissate per oggi 14 settembre, apriranno in realtà soltanto le scuole superiori, perché nelle primarie e nelle medie mancano ancora i banchi e, soprattutto, i docenti. I capoluoghi di provincia di La Spezia, in Liguria, e Viterbo, nel Lazio, hanno annunciato di posticipare la riapertura rispetto alla data scelta dalla regione.

Il sindaco di Bari, Antonio Decaro, ha denunciato: «I soldi per l’affitto di locali extra scolastici sono arrivati solo due giorni fa e sono pochi, 70 milioni per 300 richieste». De Luca, per la Campania, a differenza di quanto previsto dal ministero ha scelto di fornire alle scuole i termoscanner per la misurazione della temperatura, ritenendo «poco plausibile» il controllo familiare. Poi, a differenza di quanto previsto a livello nazionale, il governatore ha imposto l’obbligatorietà del test sierologico per gli insegnanti: chi si rifiuta rischia sanzioni fino a 3mila euro.

Il braccio di ferro più caldo resta, al momento, quello tra Regione Piemonte e ministero dell’Istruzione. Il governatore del Piemonte, Alberto Cirio, ha sottoscritto un’ordinanza per cui i genitori devono firmare, ogni giorno, un’autocertificazione che confermi l’avvenuta misurazione della temperatura a casa: «La ministra Azzolina mi ha invitato a ripensarci: sostiene che con questa ordinanza creo problemi alle famiglie, obbligandole tutte le mattine a scrivere sul diario».

«Nel caso manchi la certificazione – ha spiegato Cirio alla Stampa – si provvederà alla misurazione della temperatura a scuola, prima dell’inizio dell’attività didattica». Sull’eventualità che il governo impugni l’ordinanza, ha aggiunto: «Ci difenderemo con ogni mezzo. Nessuno mi convincerà mai che sto sbagliando: da molte scuole mi invitano ad andare avanti, i medici e i pediatri approvano la nostra linea».

Grafica di Vincenzo Monaco

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