Gaglione urlava a Ciro: «Ti devo uccidere». L’inseguimento folle per 16 minuti, i calci sullo scooter con Maria Paola
Resta in carcere Michele Antonio Gaglione dopo che il Gip ha stabilito nell’udienza preliminare che sua sorella Maria Paola è morta in quell’incidente che lui stesso ha causato. Per il giudice «cambia poco che il Gaglione abbia o meno sferrato il colpo “fatale” con il piede sullo scooter, perché è indubbio, come peraltro ammesso dall’indagato, che lo stesso teneva una condotta di guida pericolosa». Gaglione, accusato di omicidio preterintenzionale aggravato da futili motivi, non parteciperà ai funerali di sua sorella, previsti oggi.
L’inseguimento
È durato 16 minuti l’inseguimento in scooter tra Antonio Gaglione, Ciro e sua sorella Maria Paola, morta dopo la caduta in quella notte tra venerdì e sabato scorso sbattendo la testa contro una colonna di cemento. 16 lunghissimi minuti durante i quali Gaglione, 30 anni, urlava contro sua sorella e Ciro «t’aggio accirere» («ti devo uccidere»), cercando di tagliare loro la strada, mentre Maria Paola urlava di smetterla.
Gaglione ha negato di aver dato calci all’altro scooter, ma le impronte sull’Honda Sh di Ciro secondo le carte sono «compatibili con la suola delle scarpe indossate» da lui. Le spinte e i calci ci sarebbero stati quindi, ripetuti e vigorosi da parte di Gaglione che sembrava non pensare al fatto che su quella sella ci fosse anche sua sorella e del pericolo di quel comportamento mentre gli scooter correvano da Caivano fino ad Acerra.
La famiglia Gaglione stretta attorno al figlio
All’ipotesi dell’incidente, sostenuta fino all’ultimo da Michele Gaglione, crede solo la sua famiglia che ribadisce l’innocenza del 30enne: «Non abbiamo mai creduto all’ipotesi dell’aggressione – hanno detto i famigliari in una dichiarazione diffusa ieri, dopo la conclusione dell’autopsia su Maria Paola – perché conosciamo Michele e il suo amore per Paola».
Negano i famigliari anche le pressioni fatte in passato su Ciro e Maria Paola perché interrompessero la loro relazione, nonostante le accuse del fidanzato della ragazza: «Nella nostra famiglia, umile e cristiana, non c’è spazio per l’odio verso il prossimo e a maggior ragione non c’è spazio per l’odio o la discriminazione per motivi sessuali. Eravamo solo preoccupati per Paola – dicono ancora nella nota – Sentivamo il pericolo di una frequentazione con una persona, ad avviso di noi genitori, poco affidabile».
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