Lesbo, dopo l’incendio al campo di Moria, esplodono le proteste. A Firenze la manifestazione di solidarietà
Non c’è tregua per le oltre 12mila persone assembrate nel campo profughi di Moria a Lesbo, l’isola greca che più di qualsiasi altra è diventata un simbolo della crisi migratoria nel Mediterraneo. Tra l’8 e il 9 settembre diversi fuochi sono stati appiccati nel campo profughi dopo che 35 persone sono risultate positive al Coronavirus. Secondo quanto riportato da diversi media, sarebbero stati gli stessi residenti del campo ad appiccare il fuoco per protesta contro l’ipotesi del lockdown ma, come ci spiega Babis Petsikos, operatore sociale presso Lesvos Solidarity, molto probabilmente si tratta di un gesto di disperazione da parte di persone che, dopo aver vissuto nel fango per mesi o in alcuni casi per anni, si trovano ora a dover affrontare l’epidemia senza assistenza medica e senza la possibilità di mantenere il distanziamento fisico.
Migliaia di persone evacuate vivono ancora in strada
Nel frattempo, il campo è stato evacuato e le persone si trovano a dover vivere per strada. «La maggior parte del campo è stata bruciata – racconta Petsikos -. La seconda notte abbiamo avuto di nuovo i fuochi e la maggior parte del campo è stata distrutta. Sono rimaste soltanto alcune tende».
Petskos non ha dubbi rispetto alle origini dei fuochi. «Per me è molto chiaro che le persone che vivono lì lo hanno appiccato per reazione alle condizioni di vita pessime e al fatto che durante i sei mesi di epidemia di Coronavirus il governo non ha fornito alcuna assistenza medica. Il governo centrale non ha portato nuova attrezzatura medica, e qui ci sono solo quattro medici dall’inizio. Medici Senza Frontiere ha allestito un’area per l’isolamento, ma il comune li ha sanzionati con una multa».
Quando le autorità locali hanno saputo del nuovo caso – il primo dopo sei mesi – anziché mandare medicinali hanno deciso di costruire una nuova recinzione. Difficile immaginare come possa reggere la situazione attuale. «La distribuzione di cibo è molto problematica visto che ci sono migliaia di persone per strada. Alcuni – racconta ancora Petskos – stanno facendo scioperi della fame».
E l’Europa?
Circa 800 persone sono state spostate in un nuovo campo in via di costruzione da parte dell’esercito greco. La maggior parte delle persone però si rifiuta di muoversi per paura di rimanere intrappolata in un altro campo e chiede di potersi spostare nel resto del continente. Nel frattempo l’Unione europea si è fatta avanti, ma soltanto per accogliere qualche centinaio di minori non accompagnati. Anche per questo a Lesbo stanno avendo luogo delle proteste, che hanno una eco anche in Italia.
«È ben accolta la decisione di ricollocare i minori non accompagnati e va bene che gli stati abbiano dato l’assenso ad ospitarli, ma non è possibile che si pensi veramente di rimettere queste persone in altri campi in Grecia», dichiara Allegra Salvini, autrice di un libro sulla crisi dei migranti e organizzatrice dell’evento di solidarietà che ha luogo oggi a Firenze. «Queste persone devono essere ricollocate immediatamente».
Il Parlamento europeo ha approvato una modifica del regolamento di Dublino per rivedere il meccanismo di solidarietà, ma è ferma in Consiglio a causa dell’opposizione del blocco di Visegrad. «A Firenze scendiamo in piazza per mettere pressione sulle nostre istituzioni affinché si facciano sentire in Europa – continua Allegra Salvini -. Se tutte queste città facessero pressione allo stesso tempo, magari arriverebbe il messaggio. Alla fine, oltre a manifestare la nostra apertura all’accoglienza, possiamo fare soltanto questo».
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