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Il caso degli adolescenti truccati come vittime dell’Olocausto su TikTok

17 Settembre 2020 - 10:41 Valerio Berra
Con l'account #HolocaustChallenge decine di giovani hanno interpretato su TIkTok la parte di ebrei deportati durante l'Olocausto

Volti sbiancati con la cipria e con occhiaie disegnate con l’ombretto, capelli spettinati e vestiti a righe. Intanto una storia raccontata davanti allo schermo: «Un giorno portarono me e la mia famiglia in un posto strano, iniziarono a darci delle divise, ci numeravano». Iniziano tutti così i video della #HolocaustChallenge partita su TikTok un paio di settimane fa e arrivata con qualche utente anche in Italia. L’obiettivo dovrebbe essere quello di sensibilizzare sull’Olocausto attraverso una serie di video che ripercorrono questa esperienza dal punto di vista delle vittime.

Risultato raggiunto? Non esattamente. Questo trend è stato molto criticato da diversi esponenti della comunità ebraica, come Anna Foa che allHuffington Post ha dichiarato: «Vedo un disperato bisogno di portare la violenza su di sé. Che non rivela soltanto l’incapacità di capire cosa è stato, perché allora basterebbe spiegare, studiare, insegnare. Qui siamo di fronte a qualcosa che rivela una forma di malattia mentale collettiva».

Critiche recepite anche da TikTok, che nel frattempo ha provveduto a eliminare l’hashtag #HolocaustChallenge. Il social, come spiegato a Open, ha preso le distanze da questo tipo di contenuti: «In agosto abbiamo bloccato preventivamente la possibilità degli utenti di cercare #HolocaustChallenge e stiamo anche reindirizzando qualsiasi ricerca relativa a questo hashtag alle nostre Linee Guida della Community, per educare ulteriormente gli utenti sulle nostre policy e sulla community inclusiva e solidale che continuiamo a valorizzare su TikTok».

Cos’è il Trauma Porn e come funziona il Pov

In uno dei video di questa challenge arrivati in Italia l’hastag che precede la descrizione è #MaestridelPov. Pov è l’acronimo di point of view, una categoria parecchio diffusa su TikTok: nei 15 (o 60) secondi messi a disposizione dall’applicazione per registrare un video si racconta l’esperienza di un’altra persona, mettendosi nei suoi panni. Spesso questi video ripercorrono esperienze negative, cercando sfruttare quel tipo di estetica che si definisce Trauma Porn.

In breve, con Trauma Porn si intendono tutti quei contenuti che cercano di esibire traumi per attirare attenzione. Grazie a quell’hastag #Pov sembra che su TikTok ora non si debba più ripescare nel proprio passato, basta riprendere traumi di altre persone, anche lontane nel tempo. Questa #holocaust challenge nasce quindi solo da un desiderio di attenzioni da parte dei ragazzi?

No. Chi conosce un po’ la piattaforma sa bene che questi meccanismi si sono innescati anche altre volte, dalle proteste per Black Lives Metter, in cui si interpretava il punto di vista degli afroamericani uccisi dalla polizia, alle campagne web per la violenza contro le donne. La risposta è più nel mezzo. Forse l’intenzione di base è anche sincera ma declinata nell’era delle views il risultato non è esattamente confortante.

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