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Coronavirus creato in laboratorio? Le teorie della ricercatrice Li-Meng Yan e la «censura peer-review»

17 Settembre 2020 - 09:44 David Puente e Juanne Pili
Una virologa dice che il virus è artificiale. Dietro il report le lacune e l'ombra di Steve Bannon

Non è la prima volta che trattiamo l’argomento e le teorie di chi ha voluto, fino ad oggi e senza prove concrete, dimostrare la presunta creazione del nuovo Coronavirus in laboratorio. In questo articolo analizzeremo le recenti affermazioni della virologa cinese Li-Meng Yan, la nuova sostenitrice della teoria amata dai complottisti attraverso un report che Open sta facendo analizzare da esperti nel settore scientifico per valutarne la validità.

Per quanto certe affermazioni le faccia un «esperto», occorre sempre vedere su quali basi e con quali argomenti sostiene le proprie tesi. La prima leva utilizzata da Li-Meng Yang è quella della presunta censura delle riviste scientifiche peer-reviewed sulle «teorie alternative», un’accusa riportata nello stesso abstract del report che però contiene già un enorme debolezza.

Premessa

C’è una sottile linea tra ipotesi generali e fatti accertati. Certo, non è impossibile creare un virus pericoloso in laboratorio, anche incidentalmente, ma chi divulga questo ragionamento – come è successo recentemente sul format condotto da Riccardo Iacona, Presadiretta – deve anche far capire che non riguarda questo virus.

Altrimenti potremmo dire anche che da un momento all’altro tutte le centrali nucleari andranno in avaria, o che partiranno testate nucleari da un momento all’altro… tutte ipotesi plausibili, che non possiamo effettivamente definire impossibili, solo che prima di lanciare un allarme plausibile, occorre presentare prove che lo rendano anche accertato.

Effettivamente il report della virologa, co-firmato assieme a Shu Kang, Jie Guan e Shanchang Hu, si sviluppa proprio con argomentazioni sulla plausibilità che un virus come SARS-CoV2 possa teoricamente venir fuori da un laboratorio. In questo modo tutte le lacune presenti nelle fonti possono essere distorte e usate per rafforzare la propria tesi. Ma è fisiologico che nella scienza vi siano sempre degli «anelli mancanti», il nulla però non è una prova.

Non si può congetturare attorno ai soli dati che sembrano confermare i nostri pregiudizi. Vanno invece considerati tutti nel loro insieme e riconoscere i propri limiti, ascoltando quanto tutti gli esperti di settore hanno potuto appurare. Altrimenti chiunque dotato di un camice potrà permettersi di sostenere tutto e il suo contrario. Questa non è scienza e non ci aiuterà certo a uscire dalla pandemia.

La censura «peer review»

All’interno dell’abstract del report, gli autori scelgono il termine «censura» associato al meccanismo della «peer review», ovvero, l’analisi degli articoli scientifici da parte di esperti, prima della pubblicazione:

The alternative theory that the virus may have come from a research laboratory is, however, strictly censored on peer-reviewed scientific journals.

Le riviste serie che eseguono un controllo rigoroso degli studi non hanno ancora trovato un testo che sostenesse l’origine artificiale di questo virus, senza che fosse basato su dati errati, incompleti o falsati dai pregiudizi dei ricercatori. Secondo gli autori queste riviste non accettano le teorie alternative, ma ecco la prima incertezza dimostrata: le teorie rimangono teorie, soprattutto se piene di condizionali in un documento che pretende di dimostrare una presunta «verità».

Le «prove genomiche»

Se da una parte parlano di teorie alternative, dall’altra sostengono che l’origine zoonotica del virus sia una teoria:

Nonetheless, SARS-CoV-2 shows biological characteristics that are inconsistent with a naturally occurring, zoonotic virus. In this report, we describe the genomic, structural, medical, and literature evidence, which, when considered together, strongly contradicts the natural origin theory.

Si parla di «prove genomiche», ma alla luce di quanto velatamente ammesso all’inizio, si tratta di un ossimoro: non esistono studi scientifici che fanno emergere queste prove. Come accennavamo, infatti, le ricerche di settore non hanno trovato particolari salti nell’evoluzione del nuovo Coronavirus o incoerenze tali da mettere in dubbio una zoonosi naturale (invitiamo a entrare nei link agli articoli precedenti per approfondire).

In un articolo in particolare spieghiamo le origini filogenetiche del SARS-CoV2, e come il virus venga continuamente isolato nel mondo:

Sull’origine naturale del nuovo Coronavirus, Nature aveva già pubblicato il 17 marzo un lavoro piuttosto ampio, in cui si riportano i risultati delle analisi filogenetiche (la sua evoluzione passo per passo) dell’Rna di SARS-CoV2, mettendo definitivamente a congedo ogni dubbio al riguardo. Sulla rivista appaiono anche due lavori divulgativi sul tema, rispettivamente sui finanziamenti alla ricerca, e un resoconto su quanto sappiamo della origine e dinamica del virus, che porta la firma di David Chyranoski.

Non di meno, è estremamente rassicurante per alcuni, credere che la zoonosi dei virus (l’origine da ospiti animali) non esista (così come effettivamente esistono i negazionisti dell’evoluzione o del cambiamento climatico). Molto meglio pensare che i virus più pericolosi vengano prodotti nei laboratori, altrimenti come potremmo demandare – al solito – le nostre responsabilità a qualcun altro?

Le fonti del report

Prossimamente pubblicheremo un ulteriore articolo, con analisi più approfondite in merito ai dubbi sollevati nel report. Ci limitiamo al momento ad analizzare le fonti riportate nelle sue reference: sono in buona parte preprint, ovvero in attesa di verifica; alcuni riportano dei conflitti d’interesse da parte dei responsabili; nessuno avanza evidenze di una origine artificiale, per quanto ci sia preoccupazione riguardo al suo adattamento all’uomo.

Ricordiamo in conclusione, l’articolo di Nature Medicine sulle ipotesi riguardanti le origini di SARS-CoV2, del 17 marzo 2020 – che a onor del vero è presente anche nelle reference del report – frutto degli studi genetici a disposizione. Leggiamo una parte del paragrafo dedicato alle ipotesi sulle origini del virus.

«È improbabile che SARS-CoV-2 sia emerso attraverso la manipolazione di laboratorio di un coronavirus simile a SARS-CoV – spiegano gli autori di Nature – Inoltre, se fosse stata eseguita la manipolazione genetica, probabilmente sarebbe stato utilizzato uno dei numerosi sistemi di genetica inversa disponibili per i betacoronavirus […] Tuttavia, i dati genetici mostrano inconfutabilmente che SARS-CoV-2 non è derivato da alcuna spina dorsale di virus precedentemente utilizzata».

Il report di Li-Meng dovrebbe rispondere ai colleghi di Nature presentando un articolo altrettanto curato, con dati in grado di falsificarlo. I report auto-prodotti basati sulla libera interpretazione di preprint che non sostengono direttamente la tesi principale, lasciano il tempo che trovano, e non sono molto diversi da quei guru che si improvvisano esperti della Bibbia, vedendoci visite da parte di antichi alieni.

Cosa è già stato detto sul report

Mentre a Open attendiamo l’analisi del report da parte degli esperti consultati, c’è chi all’estero ha già dato una definizione all’operato pubblicato dalla virologa: informazioni già note insieme ad affermazioni infondate di scarso contenuto scientifico. A dirlo sono Jonathan Eisen, biologo evoluzionista presso l’Università della California, e Carl Bergstrom, biologo evoluzionista presso l’Università di Washington a Seattle:

The report is not based on an objective interpretation of the SARS-CoV2 genome. The interpretations made are not supported by data, are unsubstantiated and the interpretations are largely stated but not explained. The report does not appear to start with an open hypothesis about the origin of SARS-CoV2

I tweet di Bergstrin sul report.

Arinjay Banerjee, virologo della McMaster University, spiega anche un problema di fondo presente nel report. Gli autori indicano la presenza di una classe di enzimi – «restriction site» – che proverebbero la narrazione del virus creato in laboratorio, ma come spiega Banerjee tutte le sequenze in natura le hanno, e non bisognerebbe sorprendersi del fatto che Sars-Cov-2 li contenga.

Zenodo e l’ombra dietro il report

Il report è stato pubblicato all’interno di una piattaforma che ospita documenti pre-print senza alcuna revisione scientifica tra pari, ossia senza peer-review. Ciò che risulta curioso sono i nomi della società e della fondazione presenti nel report: la Rule of Law Society e la Rule of Law Foundation di New York.

Kevin Bird, ricercatore presso la Michigan State University, ha notato una connessione tra queste due realtà e Steve Bannon, lo spin doctor noto per aver contribuito alle campagne di propaganda di Donald Trump.

Non c’è solo Steve Bannon. La Rule of Law Foundation è nata nel 2018 sotto l’ala di Guo Wengui, un miliardario cinese fuggito negli Stati Uniti e accusato dalle autorità di Pechino di corruzione e altri reati. I due collaborano insieme contro un unico nemico comune, la Cina:

At a news conference in November 2018, Bannon and Guo announced they were launching two charities that would investigate Chinese corruption and financially support victims of the regime. Bannon would lead the nonprofit Rule of Law Society, they said, which would be backed by a $100 million donation from Guo. Bannon told the New York Times that he would take no pay.

Nessuna delle due entità aveva mai pubblicato alcun documento scientifico, quello di Li-Meng Yan risulta essere il primo.

Chi sono Li-Meng Yan e i co-autori?

Li-Meng Yan è diventata nota al pubblico internazionale solo a seguito della pandemia. In una intervista rilasciata a FoxNews aveva sostenuto di aver denunciato presso l’Università di Hong Kong, dove operava in un post-dottorato, la capacità del virus di trasmettersi da uomo a uomo, ma le sarebbe stato detto di tacere. Accuse che la stessa università ha definito false e infondate. Li-Meng Yan venne rilanciata nel podcast di Steve Bannon nel mese di agosto affermando che il virus fosse stato sfuggito dal laboratorio di Wuhan. Nota grazie al mondo dell’informazione cosiddetta alternativa, prima del tutto sconosciuta ai più e dal 14 luglio 2020 presente su Wikipedia.

I co-autori? Secondo il South China Morning Post, testata di Hong Kong, non avrebbero pubblicato in precedenza altri lavori:

Three other scientists were listed as co-authors on the paper but the South China Morning Post could not find previous work by the researchers, all of whom appear to have Chinese names.

La testata di Hong Kong avrebbe scritto una email con delle richieste di chiarimento all’indirizzo email presente nel report, ma al momento- in data 16 settembre – nessuna risposta.

Open.online is working with the CoronaVirusFacts/DatosCoronaVirus Alliance, a coalition of more than 100 fact-checkers who are fighting misinformation related to the COVID-19 pandemic. Learn more about the alliance here (in English).

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