Addio alla “ragazza del secolo scorso” Rossana Rossanda, fondatrice de “il Manifesto” ed ex dirigente del PCI
Rossana Rossanda, giornalista fondatrice de il Manifesto, scrittrice, intellettuale ed ex dirigente del PCI, è morta nella notte a Roma all’età di 96 anni. A darne notizia è stato lo stesso il Manifesto, la rivista da lei fondata con con Luciana Castellina, Luigi Pintor, Valentino Parlato e Lucio Magri nel 1969 e successivamente divenuta quotidiano nel 1971.
La ragazza del secolo scorso, così come si autodefinì nell’omonima autobiografia, partecipò alla Resistenza con il nome di Miranda. Negli anni Cinquanta e Sessanta ricoprì ruoli dirigenziali nel Partito Comunista Italiano e venne eletta deputata durante la IV e V legislatura.
Parallelamente, sulla scia delle proteste operaie e studentesche e in aperta dissidenza nei confronti della linea politica adottata dal PCI, fondò il gruppo politico e la rivista il Manifesto. A tre mesi dalla prima pubblicazione, Rossana Rossanda venne radiata dal PCI, assieme a Luigi Pintor e Aldo Natoli.
Malgrado il forzato addio alla politica attiva, Rossanda non ne abbandonò l’impegno al di fuori dei palazzi, fiamma che continuò ad ardere in lei, portandola a raggiungere una consapevolezza interiore e un’accettazione di sé e della propria forza in qualità di persona e di donna.
«Io non sono quella che mi hanno detto»
«Guardo alle mie date – scriveva ne Le altre. Conversazioni sulle parole della politica (Feltrinelli, 1989) – a quindici anni è la guerra, a venticinque la guerra fredda, a trentacinque è il comitato centrale del più grosso partito comunista d’occidente, a quarantacinque questo partito si libera di me. A cinquantacinque eccomi qui, nel riflusso dell’onda d’una mareggiata di cui conosco le andate e i ritorni, e che mi trascinerà sempre».
«La mia persona – proseguiva Rossanda – è scandita dai fatti altrui: Stalin non l’ho scelto, le masse non sono una frequentazione facoltativa, sono entrate e uscite decidendo i tempi di me: donna. Donna? E le altre donne? Il rombo di questo tempo è stato così forte che la voce delle donne non la ricordo; quella che decifro oggi nelle amiche femministe non l’ho avvertita mai prima. La donna era un dolore aggiunto, un particolare modo di patire o di fuggire».
Pur non definendosi mai «femminista», Rossanda dichiarò che il movimento femminista la portò a riflettere e modificare alcune categorie del proprio pensiero, sino ad acquisire la consapevolezza di dover rigettare le definizioni e le etichette affibiatele in particolare dagli uomini, politici e no.
Quell’«Io non sono quella che mi hanno detto», oggi più che mai, per molte donne (e no), potrebbe diventar scintilla nell’accettazione personale, nella consapevolezza di sé e, in ultima sintesi, nell’autoaffermazione del proprio io, tra rivendicazione delle proprie idee e difesa delle proprie scelte di vita, troppo spesso messe in discussione e minate dall’opinione altrui. Il tutto in una società – e in un sistema politico – auspicabilmente meno discriminante.
In copertina: VIRGINIA FARNETI / ANSA / PAL
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