Clima, i ghiacci dell’Artico non si fermano. Lo scioglimento a settembre ha raggiunto l’estensione minima, solo nel 2012 un dato peggiore
Le sentinelle del climate change, meglio conosciuto come cambiamento climatico, non si arrestano. Lo scioglimento dei ghiacciai dell’Artico nell’estate 2020 ha portato alla loro seconda estensione minima da quando vengono effettuate le rilevazioni e cioè dal 1979, con il restringimento della calotta polare artica di 3,74 chilometri quadrati. Un allarme più che mai preoccupante lanciato dal centro statunitense National Snow and Ice Data Center che ha diffuso il secondo dato peggiore degli ultimi 41 anni, dopo i 3,6 milioni del settembre 2012.
Decine di chilometri quadrati dimezzati nel giro di 40 anni per un valore minimo estivo costantemente sceso negli ultimi 4 decenni. La calotta polare artica è tipica nelle variazioni di estensioni durante l’anno, registrando il suo massimo nei mesi invernali e il minimo alla fine dell’estate, ma i peggioramenti consecutivi registrati negli ultimi anni suggeriscono un trend tutt’altro che tipico.
Città costiere sommerse dal livello del mare in aumento
Alla base del problema, al momento inarrestabile, il riscaldamento globale provocato dall’emissione dei gas serra nell’aria. Una condizione dovuta per la stra grande maggioranza dei casi ad attività antropiche. Dai fumi delle industrie all’allevamento, fino alla produzione di energia non rinnovabile. Dalle cause, purtroppo sempre più note, si passa a conseguenze altrettanto evidenti. Maggiore evaporazione, vapore acqueo nell’atmosfera, eventi atmosferici sempre più dannosi ed estremi. Il pericolo più grande per i prossimi decenni è piuttosto inquietante: le città costiere verranno completamente sommerse dall’aumento del livello dei mari.
Laura Meller di Greenpeace Nordic, in questo momento a bordo della nave Arctic Sunrise, è in spedizione proprio tra i ghiacci dell’Artico. «La calotta artica è un oceano ghiacciato che ha urgente bisogno di protezione», spiega, «e i leader mondiali devono comprendere il ruolo degli oceani nell’affrontare la crisi climatica». Cambiare il modo di vivere sul pianeta Terra non può più per Meller rimanere questione secondaria. «Almeno il 30% dei nostri oceani avrà urgenza di essere protetto entro il 2030», sottolineando l’importanza di intervenire su una crisi climatica ormai sempre più evidente.
Foto in copertina: Ansa
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