Omicidio Vannini, lavvocato della difesa di Antonio Ciontoli: «Non voleva che Marco morisse»
«Antonio Ciontoli non voleva uccidere Marco Vannini, non voleva che morisse». A dirlo in apertura dell’arringa di difesa è stato l’avvocato Andrea Miroli, legale di Antonio Ciontoli, nella terza udienza del processo di appello bis per l’omicidio di Marco Vannini, morto dopo esser stato raggiunto da un colpo di pistola mentre si trovava nella casa della famiglia della sua fidanzata Martina Ciontoli, a Ladispoli, nel maggio 2015.
Per Antonio Ciontoli, nella precedente udienza, il procuratore generale di Roma, Vincenzo Saveriano, aveva richiesto 14 anni di carcere per omicidio volontario, e una pena di 9 anni e 4 mesi di reclusione per la moglie dell’imputato, Maria Pizzillo, così come per i figli, Federico e Martina (all’epoca fidanzata di Marco Vannini), con l’accusa di concorso anomalo in omicidio.
Durante l’arringa difensiva, l’avvocato della famiglia Ciontoli ha affermato che il suo assistito «se si fosse confrontato con l’evento morte non avrebbe agito così come poi ha fatto». «Trovarsi in una situazione di rischio e cercare di gestirla non significa accettare l’evento morte», ha proseguito l’avvocato, richiedendo il ripristino «della condanna per omicidio colposo e non volontario», ossia 5 anni di reclusione per omicidio colposo aggravato dalla colpa cosciente.
A detta dell’avvocato Miroli, inoltre, la sentenza di primo grado in appello «ha provocato una sollevazione popolare, una cosa indegna in uno Stato di diritto». «Eppure – ha proseguito il legale – il mio assistito non può essere condannato per omicidio volontario con il dolo eventuale: lui e neppure i suoi familiari. Adottare un comportamento sia pure biasimevole in una situazione di rischio, evidentemente mal governata, non significa che l’imputato ha voluto la morte di Marco».
Secondo quanto dichiarato dal legale della difesa, «Ciontoli, così come i suoi familiari, era convinto che la lesione al braccio di Vannini provocata dal colpo d’arma da fuoco non fosse letale». A ciò si aggiunge il fatto che non risulterebbe esserci «evidenza che i Ciontoli fossero consapevoli della gravità della lesione riportata da Marco». Di conseguenza, secondo l’avvocato Miroli, «se non c’è consapevolezza significa che nessuno ha aderito all’evento morte».
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