Usa 2020, il voto dei giovani repubblicani: «Trump non è riuscito a unire il Paese. Ma con lui avremo più opportunità» – L’intervista
Si stringe il cerchio sulla campagna elettorale. A due mesi dal voto del 3 novembre le previsioni su chi sarà il prossimo presidente americano sono incerte. Se il 13 settembre un sondaggio di Fox News ha dato il ticket Biden-Harris in vantaggio di 5 punti su quello di Trump-Pence, una rilevazione dell’istituto Rasmussen pubblicata il 16 settembre vede avanti, anche se con un margine risicato, l’attuale capo della Casa Bianca nella corsa alla riconferma. E tra le variabili che quest’anno potrebbero contare – sul serio – c’è il voto dei giovani.
Nel 2016 la maggioranza degli elettori sotto i 30 anni aveva votato per Hilary Clinton. Con un’affluenza storicamente bassa, la partecipazione dei giovani al processo elettorale è stata capovolta con le elezioni di midterms del 2018 quando il voto dei millenial era passato dal 22 al 44%, favorendo i democratici. Ma una buona fetta della popolazione tra i 18-29 anni crede ancora in Donald Trump ed è decisa a votare per il presidente uscente.
«Speriamo rimanga alla Casa Bianca». È l’auspicio di Hayden Padgett, 30 anni, membro della Federazione Nazionale dei Giovani Repubblicani e a capo della stessa organizzazione in Texas. «Vogliamo qualcuno che sia in grado di aiutarci a uscire dalla devastazione economica. E Trump ha dimostrato di saperlo fare: ha favorito la crescita economica e creato posti di lavoro», racconta Padgett a Open.
Stabilità vs crescita
A giugno gli Stati Uniti sono entrati ufficialmente in recessione, per questo «vogliamo qualcuno che prenda sul serio il nostro debito nazionale e che spenda i nostri soldi con cura», dice Padgett che è cauto nel fare un paragone con le precedenti amministrazioni. «Come giovane credo che i giovani – considerato i livelli pre-pandemia – vogliano un ambiente di opportunità come quello creato da Trump.
Durante gli anni di Obama non stavamo vivendo una recessione terribile, ma l’approccio era sicuramente più cauto, con più regolamentazioni e restrizioni», spiega Padgett. Nel solo mese di febbraio erano stati aggiunti 273mila nuovi posti di lavoro: «Sotto Obama il mercato del lavoro era cosi pesantemente regolato che era difficile, se non impossibile rischiare. Ora se falliamo abbiamo nuove opportunità ed è più facile ricominciare da capo», aggiunge Padgett che spiega perché il voto dei giovani rep andrà a Trump: «I democratici vogliono la stabilità, i repubblicani vogliono la crescita economica».
Nel confronto con i democratici, l’attuale amministrazione repubblicana vince anche in materia di assistenza sanitaria. Per Padgett l’Obamacare va rivisto se non completamente cancellato. «Ha fatto arrabbiare molte persone. Ha centralizzato il sistema sanitario, facendo diminuire la concorrenza e alzando i costi delle assicurazioni».
La gestione della pandemia
Ma nella corsa alla Casa Bianca c’è un terzo attore. Sconveniente quanto onnipresente in tutti i dibattiti ormai da mesi: è il Coronavirus e la gestione della pandemia. «Sicuramente Trump ha fatto molti errori – dice Padgett – offrendo una narrativa e indicazioni confuse. È mancato nel fornire materiale sanitario e ha continuato con annunci sopra le righe». Tuttavia, l’epidemia ha preso molti di sorpresa e per Padgett il presidente ha fatto bene a non oltrepassare i limiti della costituzione: «Non ha imposto un lockdown nazionale. Ha lasciato le decisioni ai singoli stati. È stata la scelta giusta».
George Floyd e Jacob Blake
Nel 2018 era stata la sparatoria di Parkland a spingere i giovani ad andare al voto. In questi mesi, a ridosso delle elezioni, la morte di George Floyd, e il ferimento di Jacob Blake, hanno riportato al centro del dibattito sulle divisioni etniche e razziali.
«George Floyd è stato ucciso – dice Padgett – e come giovani repubblicani crediamo che la rabbia esplosa nelle strade sia giustificata. Trump ha sbagliato a non ascoltare veramente le richieste di chi protestava. Avrebbe dovuto dirgli: “Hey, sono arrabbiato tanto quanto lo sei tu e capisco il tuo dolore». Ma, dall’altra parte, ha fatto bene a non tollerare la violenza che è esplosa nelle città come Portland.
Dalla pandemia all’economia, Padgett è certo che Trump sia il presidente giusto per offrire opportunità alla sua generazione anche se, afferma, «non è riuscito ad unire il Paese. E questa è una critica che gli faccio. Doveva essere tra le sue priorità e non lo è stata». Ma le altre promesse, ne è certo Padgett, «le ha mantenute».
Foto copertina: EPA/TANNEN MAURY
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