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Il nuovo Coronavirus è stato previsto in un libro sul dark web del 2019?

24 Settembre 2020 - 10:01 Juanne Pili
Un altro volume avrebbe predetto la pandemia? Ci piace crederlo, ma non è così

Ci avete segnalato una sorta di profezia proveniente dal mondo del dark web. In un presunto best seller, un anonimo traduttore riporta le avventure di un sedicente leader del web nascosto, intitolato Il Dark Web visto attraverso gli occhi del suo leader, attribuendogli a pagina 43 della cosiddetta «seconda edizione» una frase piuttosto inquietante, se letta col senno di poi: «Nel 2016 una persona provava a vendere nel DW un virus chiamato Wuhan-Corona».

Questa frase appare paradossale, tanto più che effettivamente la prima pubblicazione del libro risulta in tutti gli store in data 17 novembre 2019. Cosa ancor più strana – come fa notare Paolo Attivissimo nel suo fact checking – la data corrisponde alla traduzione della presunta versione originale in Inglese, di cui però non si hanno tracce precedenti al dicembre 2019. Più che una profezia sembrerebbe un paradosso temporale.

Attivissimo nella sua analisi non può che constatare due cose: 1. non dovrebbe stupirci che possa apparire il termine Wuhan-Corona prima di avere notizie del nuovo Coronavirus, vedremo a breve perché; 2. il libro stesso non è un best seller, con buona pace dell’entusiasmo che autore ed editore hanno messo nel lanciare il libro, ma sono stati sicuramente molto fortunati, vista la suggestiva assonanza di quel passaggio con la pandemia attuale.

Come nascono davvero le presunte profezie

Dunque, quella frase c’era davvero, anche se molto probabilmente il testo è un puro lavoro di narrativa, dove Attivissimo da buon informatico ha trovato diverse imprecisioni tecniche, come accenna rispondendo a un commento sotto al suo articolo. Ma allora perché stiamo trattando questo caso? Be’, ne vale la pena anche solo per il fatto che ha qualcosa da dirci riguardo a come possono nascere presunte profezie, o suggestioni complottiste volte a sostenere che «qualcuno sapeva già».

Vediamo subito due esempi precedenti. Il primo è quello del libro di Dean R. Koontz, The Eyes of Darkness. In questo caso l’autore ha semplicemente aggiornato il testo del romanzo – in buona fede – spostando l’ambientazione dalla città russa di Gorki a Wuhan. Pensavamo che anche il testo di cui trattiamo potesse essere stato aggiornato nella «seconda edizione» online. Così avevamo provato a contattare gli editori, ma senza ricevere risposta. Ad ogni modo adesso sappiamo che le cose sono andate diversamente.

Il secondo evento mediatico riguarda il piccolo Abhigya Anand, il quale avrebbe previsto la Covid-19. Qui siamo di fronte a un totale falso conclamato, gonfiato purtroppo anche da certa stampa nostrana. Del resto andando a cercare le presunte profezie precedenti del ragazzo, scopriamo che non ne ha mai azzeccata una.

Come faceva l’autore a usare il termine Wuhan-Corona prima della pandemia?

Perché non dovrebbe stupirci allora che qualcuno usi il termine «Wuhan-Corona» già nel novembre 2019? Tanto più che nel testo si parla di un tizio che avrebbe chiamato così un virus già nel 2016. Ebbene, se SARS-CoV2 viene chiamato nuovo Coronavirus, sta nel fatto che non è certo il primo coronavirus noto. Basti pensare al responsabile dell’epidemia di SARS nel 2003, che si chiama guardacaso SARS-CoV.

Wuhan potrebbe essere stata sconosciuta a diversi di noi occidentali, ma è una metropoli piuttosto conosciuta, tanto più che quando esplose il primo focolaio, ci siamo preoccupati dei voli provenienti proprio da laggiù. La città era già nota anche come sede di un laboratorio, che fu al centro delle preoccupazioni di diversi esperti, perché si studiavano virus pericolosi, e si faceva ricerca sui betacoronavirus dei pipistrelli, da cui si temevano da tempo nuovi spillover.

I complottisti hanno fin da subito usato un articolo di Nature del 2017 firmato da David Cyranoski, dove si esprimevano comprensibili preoccupazioni sulla sua sicurezza, alimentando le tesi cospirazioniste sul virus ingegnerizzato. La stessa Shi Zhengli, che da anni ha dedicato la vita allo studio dei betacoronavirus, proprio nello stesso laboratorio di Wuhan, ammette in una intervista che quando la Covid-19 era ai suoi esordi aveva temuto la fuga di un virus.

Poi tutti questi dubbi ce li siamo tolti. Un conto infatti è ragionare sulle possibilità teoriche, un altro è andare a verificare la filogenesi del virus, e vedere cosa risulta davvero. Ed è ormai fuor di dubbio che nel genoma di SARS-CoV2 non si vedono particolari balzi evolutivi, tali da far pensare ad una ingegnerizzazione a partire da altri coronavirus.

Conclusione: il fascino dei complotti e delle profezie

Da un lato quindi abbiamo concetti usati in passato, che fanno assonanza con altri odierni, un po’ come le forme casuali che somigliano a qualcosa dotato di senso nel fenomeno noto come pareidolia; dall’altro abbiamo la predittività di previsioni e teorie (perché basate sui dati oggettivi), come il fatto che avremmo dovuto preoccuparci prima del fenomeno dell’emergere di nuove pandemie, le quali puntualmente si presentano, e gli «untori» diventano gli stessi scienziati, rei soltanto di non essere stati mai ascoltati.

La verità è che profezie e complotti sono così accattivanti perché rappresentano risposte semplici – quanto sbagliate – a qualcosa che nasce dalle nostre paure, e si basano principalmente sulle nostre lacune.

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