È morta Ines Figini, una vita da testimone dell’orrore dei lager nazisti: fu deportata a 22 anni
Il numero 76150 tatuato sul braccio e una storia drammatica che aveva deciso di raccontare, perché tutti sapessero e ricordassero per sempre. Ines Figini, 98 anni, ex deportata nei campi di concentramento di Mauthausen, Auschwitz-Birkenau e Ravensbruck, è morta ieri a Como con il compianto di tutti quelli che per anni hanno avuto il privilegio di ascoltarla.
Né di origini ebraiche, né partigiana, era stata internata nei luoghi dell’orrore per aver aderito, come operaia della Tintoria Comense dove lavorava, allo sciopero contro la dittatura. Una ribellione che nel marzo 1944 coinvolse tutto il Nord Italia, compresa una Ines 22enne, che davanti alla polizia, difese senza paura i promotori dello sciopero. Non ci fu scampo allora neanche per lei, che da quel momento visse mesi di deportazione fino all’ottobre 1945, quando poté tornare a Como da sopravvissuta.
«Tanto tu torni sempre», così aveva deciso di intitolare il suo libro di racconto dell’Olocausto, quando dopo ben cinquant’anni dall’orrore vissuto, si era sentita pronta a rivelare un trauma senza fine. Aveva così iniziato a raccontare della sua «vita oltre il lager», una sopravvivenza nei ricordi indelebili in cui nonostante tutto si era ostinata a vivere, per far conoscere e ribadire la verità della Storia ai tanti giovani studenti delle scuole lombarde.
«Tu tornerai cara Ines», scrivono in un post di cordoglio gli abitanti di Gallicano, il comune comasco di cui la donna era cittadina onoraria, «tornerai alla mente come un tornado ogni volta che si parlerà di libertà, di uguaglianza, di perdono».
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