Coronavirus, i numeri in chiaro. La fisica Paolotti: «I picchi di Lazio e Campania? Colpa delle vacanze»
Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna. La triade delle regioni più colpite dal Coronavirus è ben nota. Da qui arrivano le immagini che hanno scandito le fasi più dure dell’epidemia: i primi medici bardati come fossero palombari negli ospedali del lodigiano, le bare di Bergamo, i canali con l’acqua cristallina e senza turisti di Venezia. Secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Protezione Civile, sembra però che il fuoco dell’epidemia si sia spostato più a Sud.
Le regioni in cui i contagi stanno cresendo di più sono Lazio e Campania, territori che al netto dei loro contagi sono passati discretamente indenni dalla Fase 1. Tanto che il governatore Vincenzo De Luca sta continuando a firmare ordinanze per ridurre il rischio di nuovi contagi: prima l’obbligo di mascherina anche all’aperto e ora le restrizioni agli esercizi commerciali. Per la nostra rubrica Numeri in chiaro ne abbiamo parlato con Daniela Paolotti, ricercatrice della Fondazione Isi di Torino.
Nelle
ultime 24 ore i nuovi contagi in Italia sono arrivati a 1.648, con 24
nuovi decessi. Quali sono le prime cose che possiamo leggere da
questi dati?
«Sicuramente i contagi stanno andando al rialzo, anche rispetto al numero di tamponi che è fluttuante ma è sempre tra 90 mila e 100 mila. È innegabile che nel mese di settembre stiamo assistendo a un incremento dei casi e delle terapie intensive. Anche i decessi stanno crescendo. Certo, rispetto a quello che osserviamo in altri Paesi in termini di nuovi contagi e casi gravi non c’è proprio paragone. Bisogna aspettare qualche giorno per vedere come cambierà il trend per quanto riguarda le scuole: si sa che ci sono già diversi focolai ma non abbiamo ancora numeri certi».
Le due regioni in cui si registra il
numero maggiore di nuovi casi sono la Campania e il Lazio,
rispettivamente +286 e +219. Cosa sta succedendo?
«Sono due regioni molto popolose, e questo giustifica in parte un numero così alto di contagi. Bisogna contare poi che non sono state impattate come la Lombardia perché, grazie al lockdown tempestivo e alla riduzione della mobilità a livello nazionale, queste regioni sono state più protette. Durante le vacanze le persone si sono mosse molto di più tra i territori, anche in contesti ricreativi. Nel tornare nelle proprie aree di residenza poi hanno fatto scoppiare il contagio».
Secondo Giuseppe Remuzzi, direttore
dell’Istituto Mario Negri, la Lombardia si sarebbe sviluppata
un’immunità maggiore al virus.
«Nelle zone più colpite della Lombardia c’è stato un numero molto alto di persone che hanno sviluppato anticorpi: alcuni di loro hanno sviluppato la malattia, altri hanno contratto il Coronavirus ma in modo asintomatico. Ora vedremo i risultati dei primi studi che verranno pubblicati ma di certo non possiamo dire che queste zone possono affrontare tranquille la prossima fase del virus perché hanno sviluppato un’immunità di gregge».
Quanto può durare l’immunità al
Coronavirus?
«Di solito i Coronavirus non hanno un’immunità che può durare tanto nel tempo. Non si può ancora abbassare la guardia. Siamo circondati da Paesi in cui l’epidemia è ripartita in modo esagerato, da noi invece il virus è tenuto sotto controllo grazie al comportamento delle persone: dobbiamo comportarci in modo rigoroso come abbiamo fatto fino a questo punto».
Qual è stato finora il segreto dell’Italia dopo il lockdown?
«Si sta dibattendo molto nella comunità scientifica, anche i nostri colleghi che studiano il Covid in altri Paesi vogliono sapere perché da noi il virus si sta comportando in modo così diverso. Certo, qui, almeno secondo i sondaggi c’è tanta attenzione: ci sono più persone disposte a indossare la mascherina o a non stringere le mani. Questo dimostra che gli Italiani sono disciplinati. Oltre a questo c’è anche l’ottimo lavoro delle autorità sanitarie. Qualche settimana fa il The Economist scriveva che l’Italia è stato fra i Paesi più scottati dall’epidemia ma che ora abbiamo imparato la lezione».
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