Coronavirus, i numeri in chiaro. Il fisico Sestili: «Si vedono gli effetti dell’apertura delle scuole»
Si tratta della prima volta da aprile che in Italia vengono registrati più di 2.000 casi di Coronavirus in un giorno. I dati di oggi vanno letti al netto di un numero record di tamponi – 118.236 i test analizzati, contro i 105.564 di ieri – ma si tratta comunque di un aumento significativo. «Adesso che sono passate circa due settimane, cominciamo a vedere gli effetti della riapertura delle scuole» afferma il fisico Giorgio Sestili. «Era inevitabile che la riapertura delle scuole avrebbe segnato un pericolo per la ripresa dei contagi. Si tratta di un pericolo che va assunto nel senso che le scuole devono ripartire. Ma non c’è dubbio che con la riapertura e tutto quello che implica si complica la gestione della pandemia in Italia».
Quindi è solo l’inizio?
«Impossibile dirlo con precisione, ma non dobbiamo stupirci se nei prossimi giorni e settimane continueranno ad aumentare. Purtroppo vediamo che in altri Paesi europei – come la Francia e la Gran Bretagna – dove la riapertura delle scuole o degli uffici è avvenuta prima, i contagi sono molto più elevati rispetto all’Italia».
In questi Paesi si fanno anche più tamponi, anche se oggi in Italia sono stati fatti di più del solito. Non dobbiamo a questo l’aumento nei contagi rilevati?
«Se guardiamo il rapporto fra il numero di contagi e i tamponi effettuati siamo oggi al 2,1%. Tre giorni fa, il 28 settembre, con 1.500 casi e 51mila tamponi, eravamo al 2,9%. Quindi era quasi un punto percentuale in più rispetto ad oggi. Ciò detto, dobbiamo aumentare ancora il numero di tamponi che facciamo per avvicinarci ai 200mila al giorno. L’Istituto Superiore di Sanità ci dice che una larga parte dei casi riscontrati sono asintomatici e che possiamo rintracciarli soltanto attraverso uno sreening casuale».
Da questo punto di vista i dati variano molto da regione a regione?
«Sempre parlando di questo rapporto tra nuovi casi riscontrati e tamponi, la regione che ha il rapporto più alto è la Campania. Quindi sicuramente da questo punto di vista la Campania è la regione da tenere più sotto osservazione, non solo per il numero di casi totali ma proprio perché in base al numero di tamponi che fa, trova molti positivi».
Però i ricoveri sono aumentati di meno rispetto al numero di positivi. Si tratta di un dato incoraggiante?
«I ricoveri seguono a distanza di dieci giorni i contagi e bisogna dire che noi abbiamo visto un aumento costante nei ricoveri, anche nelle terapie intensive. È vero che non sono numeri elevatissimi: ma è altresì vero che ogni giorno abbiamo circa 10 -12 malati in più nelle terapie intensive. Se i contagi passano da essere circa 1.500 al giorno e 3.000 contagi al giorno, è inevitabile che sia le terapie intensive sia i ricoveri subiranno un aumento».
La preoccupa l’aumento nell’età mediana?
«È un aspetto fondamentale. Noi proveniamo da una prima fase dell’epidemia italiana, quella di marzo-aprile quando l’età mediana era superiore ai 60 anni. Questo produceva tanti malati gravi. Ad agosto l’età mediana è scesa a 30 anni. Adesso nell’ultimo mese è salita a circa 40, 42 anni. Sembra essersi stabilizzata. Se riusciamo a mantenerla e proteggere le categorie più deboli, allora riusciremo anche a non intasare gli ospedali. Ma se la situazione sfugge di mano – nelle famiglie, negli ospedali, nelle Rsa – allora lo stato dell’epidemia potrebbe tornare ad essere proeccupante».
Bisognerebbe aggiungere alla sua lista anche le università?
«È chiaro, anche le università possono essere luoghi del contagio, come i luoghi di lavoro. Il punto non è tenere tutto chiuso perché altrimenti torniamo al lockdown. Prima eravamo impreparati, mentre adesso sappiamo che se indossiamo la mascherina e manteniamo la distanza fisica, se ci laviamo le mani e reigenizziamo le superfici riduciamo i contagi. Il punto è saper convivere con questo virus».
La settimana scorsa l’Oms aveva fatto i complimenti all’Italia per la gestione della pandemia. Abbiamo abbassato la guardia?
«Non ci dimentichiamo che l’Italia ha abbattuto le curva dei contagi, e non c’è dubbio che abbiamo fatto delle cose buone, soprattutto visto che siamo stati il primo Paese in Europa occidentale ad affrontare la pandemia. Adesso è chiaro che c’è una ripresa dei contagi, tutti ce l’aspettavamo, ed è arrivato il momento di mettere a frutto tutto quello che abbiamo imparato».
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