Coronavirus, i numeri in chiaro. Il matematico Sebastiani: «Con le diagnosi precoci individuiamo prima i malati»
Nel bollettino sull’andamento del Coronavirus in Italia diffuso oggi, 2 ottobre, dalla Protezione civile si parla di 2.499 nuove infezioni. Ieri, i contagi erano stati 2.548: quello che si registra è quindi un leggerissimo calo sul giorno precedente, ma comunque un incremento record negli ultimi 5 mesi. Due giorni fa i contagi giornalieri erano stati 1.851, tre giorni fa 1.648, quattro giorni fa 1.494. Sono poi 23 le vittime conteggiate nelle ultime 24 ore; ieri erano state 24. Mentre 294 persone si trovano nei reparti di terapia intensiva. Come spiega il matematico Giovanni Sebastiani, «a livello nazionale si nota una grossa differenza con la prima fase epidemica».
Professore, cosa è cambiato in questi sei mesi?
«Innanzitutto se prima la distribuzione dell’infezione riguardava soprattutto la Lombardia, il Piemonte, il Veneto, e l’Emilia Romagna, ora la distribuzione spaziale è cambiata, perché si sta concentrando soprattutto nelle regioni del Centro-Sud».
Qual è la panoramica dal punto di vista dei contagi?
«Per quanto riguarda i contagiati, nel picco della prima fase i numeri si aggiravano intorno ai 6.500 contagi al giorno, ora siamo a 2.500. Questo significa comunque che il dato di adesso corrisponde a più di un terzo del valore del picco che avevamo avuto a marzo. Nelle regioni come il Lazio abbiamo addirittura oltrepassato il dato del picco di marzo: questo significa che qui il virus circola più che a livello nazionale. La Lombardia invece mesi fa aveva raggiunto il suo massimo registrando 3.200 nuovi positivi al giorno. Ora sta intorno ai 300 al giorno: meno di un decimo del valore del picco».
E le terapia intensive?
«Sono un quattordicesimo di quelle che c’erano a marzo: allora erano 4.000. E allora diagnosticavamo soprattutto i casi gravi. Adesso, col fatto che facciamo diagnosi precoci, i malati li prendiamo prima. Poi abbiamo i farmaci migliori a disposizione che aiutano la corsa alle cure. Inoltre l’eta’ media dei contagiati ora è molto più bassa, il che implica una capacita’ di difesa dell’organismo maggiore. Possiamo parlare di epidemia con una sintomatologia grave che è molto più bassa rispetto al periodo marzo-aprile».
L’impennata, rispetto ai dati di fine agosto e inizio mese, è associabile alla scuola?
«Partiamo da un fatto: il rapporto tra positivi e nuovi casi testati e’ stato in crescita lineare dall’inizio di settembre. Invece se consideriamo la media settimanale della sua variazione giornaliera, c’è una tendenza all’aumento nell’ultima settimana. Nella settimana prima dell’inizio della scuola e quella dopo, non si era notato nessun incremento significativo. Dopo due settimane, tempo tipico per questa epidemia, sì. La causa è fortemente attribuibile alla riapertura delle scuole. È il primo caso in cui non ci sono altri fattori noti per giustificare un aumento dei contagi».
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