Non solo Trump: da Bolsonaro a Lukashenko, quando gli scettici del Coronavirus vengono contagiati
Prima hanno sminuito il Coronavirus e le sue conseguenze, poi ne sono stati contagiati: da Jair Bolsonaro fino a Donald Trump, si allunga la lista dei politici scettici della Covid-19 che sono stati infettati. Il caso del presidente statunitense è soltanto l’ultimo in ordine di tempo: nei mesi più caldi della pandemia, Trump s’è reso protagonista di più di un’uscita controversa sul virus, salvo poi fare retromarcia: «Non volevo creare il panico. Volevo mostrare fiducia. Abbiamo fatto un lavoro incredibile. Ma semplicemente non volevamo gridare che avevamo un problema, un problema enorme, facendo spaventare tutti».
Bolsonaro: «Il Coronavirus? Una piccola influenza»
Prima di lui, il presidente brasiliano Bolsonaro, che dopo avere definito in televisione il Coronavirus una «piccola influenza» è stato trovato positivo, a luglio. Mentre il Brasile veniva investito dal contagio, Bolsonaro si faceva riprendere a eventi pubblici senza mascherina, quasi ostentando il mancato rispetto del distanziamento sociale. Il presidente del Brasile è stato positivo per circa 20 giorni. Tra le uscite di Bolsonaro a proposito del virus, «non c’è motivo di panico», «il Coronavirus sta venendo sopravvalutato», «non è quella cosa che i grandi media strombazzano», «in passato abbiamo avuto problemi più gravi».
Lukashenko parlò di «psicosi»
Nella rosa degli scettici del Coronavirus rientra anche l’autarca bielorusso Alexandr Lukashenko, che sempre a luglio – durante la visita a un reparto militare del ministero dell’Interno – ha annunciato con queste parole di essere stato contagiato: «La cosa più sorprendente è che oggi incontrate una persona che ha superato il Coronavirus restando in piedi. Ieri i medici sono arrivati a questa conclusione. Senza sintomi». In precedenza, Lukashenko aveva definito quella del Coronavirus una «psicosi»: «Il panico può colpire più forte del virus stesso», aveva detto.
Johnson e l’«immunità di gregge»
Non è mai arrivato a tanto Boris Johnson, premier del Regno Unito, che tuttavia, nelle prime settimane della pandemia, aveva manifestato l’intenzione di ricorrere alla «immunità di gregge». Il leader conservatore, ad aprile, è risultato positivo al Coronavirus, e a differenza dei suoi omologhi è stato anche ricoverato in terapia intensiva: «Mi hanno dato una maschera per il viso e ho ricevuto litri e litri di ossigeno. È stato un momento difficile, non lo nego», ha detto Johnson una volta guarito.
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