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Covid-19, Locatelli: «Il virus non ha perso forza, ora abbiamo la prova. L’impennata di ieri? La scuola non c’entra»

02 Ottobre 2020 - 06:46 Redazione
Il presidente del Consiglio superiore di sanità : «L’incremento costante delle terapie intensive testimonia l’immutata capacità del virus di provocare danni gravi». E sull’ipotesi di nuove chiusure: «C’è preoccupazione, ma non vivremo un altro lockdown»

«I numeri italiani non possono che essere guardati con una certa preoccupazione, per quanto la nostra situazione sia favorevole rispetto a quella di altri Paesi. Ci devono allertare e non allarmare, soprattutto va chiarito bene che quanto abbiamo affrontato la scorsa primavera, il lockdown, non lo rivivremo». Così il presidente del Consiglio superiore di sanità e membro del Comitato tecnico scientifico (Cts) Franco Locatelli, commenta in un’intervista a la Repubblica i dati di ieri sul contagio da Coronavirus.

Il lockdown, dice Locatelli, «non si prende in considerazione. Ora il Paese è preparato, ci sono comunque terapie per rallentare la malattia, presto arriveranno vaccini e medicinali efficaci come gli anticorpi monoclonali». Secondo Locatelli, «la scuola non sta ancora impattando sul numero di contagi. È passato poco tempo dall’apertura e comunque ci sono misure stringenti e percorsi attenti per garantire la sicurezza sia di chi ci lavora sia di chi ci va. Non ho la sfera di cristallo ma, a mio giudizio, alla fine la partita giocata negli istituti avrà un risultato largamente positivo».

Guardando ai dati di ieri, Locatelli va oltre i nuovi contagi, che sono tornati oltre quota 2.500 dopo cinque mesi: «I numeri nelle terapia intensive si stanno incrementando, stiamo arrivando quasi a 300 ricoverati, mentre eravamo scesi sotto i 50. Questo dato testimonia purtroppo l’immutata capacità del virus di provocare danni assai gravi sull’organismo di chi viene infettato. Credo che purtroppo, e sottolineo purtroppo, si tratti della più evidente smentita di chi diceva che il virus ha perso il potere di indurre danni gravi in persone fragili».

Secondo Locatelli, dai numeri emerge che «è cambiata l’epidemiologia. Durante la fase critica il problema era concentrato al Nord. Probabilmente una sorta di rilassamento, per certi versi anche comprensibile dopo la fine del lockdown, ha favorito la circolazione tra le regioni, anche al Sud. Riguardo agli altri Paesi, è chiaro che non siamo avulsi dal contesto internazionale e visto che altrove ci sono tantissimi casi era da mettere in conto che ci potesse essere anche qui un effetto di questo tipo. Perciò ribadisco: finché non c’è il vaccino dobbiamo convivere con il virus, comportandoci nel modo più responsabile e prudente».

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