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La rabbia degli infermieri: «Noi contagiati da Nord a Sud. È un bollettino di guerra, ma Speranza non vuole incontrarci» – L’intervista

03 Ottobre 2020 - 08:07 Fabio Giuffrida
Il 2 novembre «incroceremo le braccia»: «Non possiamo più permetterci di essere mandati allo sbaraglio come è già accaduto a marzo. C’è paura»

Mentre i contagi da Coronavirus aumentano in tutta Italia, sale anche il numero di infetti tra gli infermieri che sono sul piede di guerra. Dall’8 al 28 settembre – confermano dal sindacato Nursing up – si sono registrati oltre 20 casi. Insomma, a settembre è già «un nuovo bollettino di guerra». Si va dai «5 contagi di Ragusa» ai «4 di Alessandria», dal «contagio a Genova agli ultimi 10 della Campania» (di cui «5 al Cardarelli di Napoli e 5 a Castellammare di Stabia»). Dai «3 infermieri di Perugia al caso di Foggia». In tutto si parla di 15mila infermieri infetti e 41 deceduti a causa del Covid.

Il caso Campania

«Stiamo cominciando a preoccuparci e la Campania è inevitabilmente quella che ne sta risentendo di più. Non possiamo permetterci che diventi la nuova Lombardia, non avrebbe la forza di reagire. Una bomba pronta ad esplodere, insomma. In Campania, infatti, c’è un rapporto infermiere-cittadino di 1 a 17, quando invece dovrebbe essere di 1 a 6. Questo non è altro che il risultato dei “rubinetti chiusi”, del piano di rientro e dunque dei tagli alla sanità regionale», spiega a Open Antonio De Palma, presidente del Nursing up, sindacato degli infermieri italiani.

A confermare questa preoccupazione è anche Mario De Santis, referente sindacale in Campania che denuncia «turni massacranti con ospedali che si reggono grazie agli straordinari dei colleghi». Senza considerare poi l’uso «davvero contingentato delle mascherine ffp2 e ffp3». De Santis ci parla – oltre ai 10 casi di infermieri infettati nelle ultime settimane al Cardarelli di Napoli e all’ospedale di Castellammare di Stabia – anche di altri due contagi, «ancora da accertare» al San Giovanni Bosco, Asl Napoli I.

L’esigenza, adesso, è quella di «aumentare i tamponi o i test rapidi da fare ogni 20 giorni al personale sanitario» oltre a un’interlocuzione, del tutto «assente», con il ministro Roberto Speranza: «Non ci ha mai voluto incontrare». Dello stesso avviso, ma con parole decisamente più dure, anche il presidente De Palma: «Ci elogia ma non vuole ascoltarci. Avremmo voluto avere i dati ufficiali degli infermieri infetti e di quelli deceduti ma non ci risponde».

«Il 2 novembre incroceremo le braccia»

Gli infermieri, ormai esasperati, hanno deciso di passare dalle parole ai fatti. Oltre alla manifestazione del prossimo 15 ottobre a Roma, è stato indetto uno sciopero di 24 ore il 2 novembre: «Incroceremo le braccia, creeremo inevitabilmente dei disagi in un periodo come questo, nel pieno della pandemia. Ma non possiamo più permetterci di essere mandati allo sbaraglio, come è già accaduto a marzo. I colleghi hanno paura tra segnalazioni di infermieri ammassati tutti in unico stanzone, nel caso delle centrali operative del 118, a quelli che segnalano la scarsità di mascherine ffp2 e ffp3. Ci sono anche infermieri contagiati a cui il virus ha lasciato conseguenze come la pancreatite».

Foto in copertina di repertorio: ANSA/UFFICIO STAMPA OSPEDALE CREMONA

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