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Coronavirus, la contesa tra giudici e governo spagnolo: perché il tribunale ha annullato il lockdown su Madrid

08 Ottobre 2020 - 20:48 Felice Florio
I media spagnoli l’hanno definito un pasticcio procedurale: il ministero della Salute ha disposto un decreto per la limitazione del movimento delle persone facendo riferimento alla legge sbagliata. La sentenza riaccende il braccio di ferro con l’opposizione di centrodestra per la gestione della salute pubblica

Si vivono ore di fibrillazione in Spagna, dove lo scontro tra potere esecutivo e giudiziario si manifesta nella mancata ratifica del lockdown sulla Capitale: i giudici del Tribunale supremo di giustizia di Madrid hanno, di fatto, annullato il decreto del ministero della Salute, poiché «costituisce un interferenza nei diritti fondamentali senza il giusto sostegno legislativo». La sentenza dell’8 ottobre abroga qualsiasi limitazione della libertà di movimento, in entrata e in uscita da Madrid, nonostante il quadro epidemiologico sia preoccupante: solo nella Comunità di Madrid, nelle ultime 24 ore, sono stati individuati 3.152 nuovi casi di positività al Coronavirus.

L’antefatto

In Spagna, a differenza dell’Italia, non è più in vigore lo stato di emergenza. Per la pandemia, da quando nel Paese si è instaurato un ordinamento democratico, si è ricorso alla legge speciale, ma per la durata di un mese e mezzo: è uno strumento legislativo che deve essere approvato ogni 15 giorni dal Congresso, altrimenti decade. Serve la maggioranza assoluta dei deputati – 176 voti – per dare il via libera al cosiddetto “Estado de Alarma”. La coalizione al governo, formata dal Psoe e Podemos, conta solo su 155 seggi. Dopo due proroghe, le opposizioni si sono rifiutate di continuare a concedere al governo i poteri eccezionali, invitando l’esecutivo a formulare uno strumento legislativo adatto per rispondere all’emergenza sanitaria. Compresa una legge per predisporre i lockdown.

Il passaggio in tribunale

Il governo di Pedro Sánchez, nonostante le promesse di riforme, non è riuscito a formulare nessuna legge ad hoc per applicare delle restrizioni selettive per motivi sanitari. Così, senza stato di emergenza in vigore, qualsiasi decisione che limiti le libertà fondamentali dei cittadini deve passare per un tribunale. Se prima erano i tribunali amministrativi delle singole Comunità a decidere, per uniformare le decisioni relative alle restrizioni durante la pandemia il governo ha affidato questa competenza al Tribunale supremo. Che, in questo caso, ha negato la ratifica al decreto del ministro della Salute Salvador Illa, invitando il governo a utilizzare «gli strumenti costituzionali idonei per limitare, modulare, restringere e addirittura sospendere i diritti fondamentali dei cittadini».

La procedura sbagliata

I magistrati, precedentemente, avevano validato alcune restrizioni, approvate però dal governo regionale di Madrid, guidato dal centrodestra, e che riguardavano la limitazione della mobilità per motivi sanitari in alcune specifiche aree dei municipi della Comunità. Il decreto del ministero invece, sarebbe intervenuto sull’intera città di Madrid e su diversi comuni satellite. In sostanza, il tribunale ha sostenuto che per un provvedimento così limitativo delle libertà personali e con un’incidenza geografica così ampia, si sarebbe dovuti procedere tramite una legge approvata dal Congresso e non tramite decreto ministeriale.

Inoltre, per introdurre lockdown estesi mentre non è in vigore lo stato di emergenza, i magistrati hanno sottolineato che il governo non avrebbe dovuto fare riferimento alla legge 63 del 2003, ma alla stessa legge utilizzata dalla stessa Comunità per i precedenti lockdown, la Legge organica di misure speciali in materia di Salute pubblica del 1986.

Le conseguenze politiche

Un pasticcio procedurale: così i media spagnoli hanno definito lo strumento politico utilizzato dal ministero, ritenuto insufficiente dai giudici per agire nel campo dei diritti fondamentali. La decisione del tribunale assesta un brutto colpo al governo Sánchez, già accusato dai cittadini della Capitale di riservare a Madrid un trattamento più duro che nelle altre regioni spagnole. La Comunità madrilena è guidata dal Partito popolare, all’opposizione, il quale esce rinforzato da questa disputa. Isabel Díaz Ayuso, presidente di centrodestra della Comunità di Madrid, ha dimostrato di saper manovrare gli strumenti giuridici per imporre dei mini-lockdown nella sua regione.

Il governo nazionale, di centrosinistra, no. «L’invasione di poteri» dell’esecutivo Sánchez, così come l’ha definita Ayuso presentando il ricorso – oggi vinto – al Tribunale supremo, è stata respinta. In questo gioco politico, però, i veri perdenti sono i cittadini: in attesa di un accordo tra governo regionale e governo nazionale, che potrebbe arrivare domattina, l’incertezza sulle norme da seguire genera confusione. E il Coronavirus, si sa, si diffonde più facilmente quando saltano le regole.

Foto in copertina: EPA/ENRIC FONTCUBERTA | Il ministro della Salute spagnolo, Salvador Illa, dopo la mancata ratifica del suo decreto, l’8 ottobre 2020

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