L’idea di Aisha Coulibaly che ha dato vita a Mygrants, quando la lotta per l’integrazione passa attraverso lo smartphone – L’intervista
A Foggia era conosciuto come Colby. Si chiamava Lassina Coulibaly ed era uno dei primi migranti arrivati dalla Costa d’Avorio, aveva trovato un lavoro regolare e si era sposato con una donna italiana, da cui erano nati due figli. Non solo. Colby era presidente dell’associazione Africa Unite, nata per promuovere l’integrazione dei migranti e difendere i loro diritti in una terra dominata dal caporalato. Colby è morto nel 2014, a 48 anni. E sua figlia Aisha ha ereditato la sua missione, proiettandola in un mondo completamente nuovo: quello digitale.
È così che nel 2017 è nata Mygrants, una piattaforma dedicata a tutti i migranti che una volta arrivati in Italia hanno bisogno di informazioni per capire le norme dell’accoglienza e soprattutto di percorsi di formazione per poter entrare nel mercato di lavoro. Ad oggi Mygrants conta 88mila utenti, ha supportato oltre 1200 ingressi lavorativi e finanziato 2 imprese nate da migranti. Sulla sua storia è stato realizzato anche un corto girato a 360° all’interno del progetto New Realities sostenuto da Lenovo. Ma gli obiettivi di Aisha non si sono certo fermati qui.
Quando hai iniziato ad occuparti di
migranti?
«A
casa non si parlava d’altro. Mio padre conosceva 12 lingue ma non
sapeva scrivere in italiano. Spesso mi chiedeva di trascrivere le
storie dei migranti che si rivolgevano alla sua associazione. Lui
rivendicava i diritti di chi lavorava nei campi di pomodoro con
scioperi, eventi e manifestazioni. Io ho scelto un altro approccio».
Perchè hai deciso di aprire
Mygrants?
«Non è stata un’idea solo mia. Qualche anno fa ho conosciuto Cris, il mio attuale compagno. Lui aveva lavorato come data analyst per il progetto europeo Frontex e stava cercando di avviare in Italia un programma per sostenere i migranti nella ricerca di un lavoro. Analizzando i dati che stavamo raccogliendo, ci siamo resi conto che i migranti passavano circa 600 giorni in attesa di cominciare un percorso di formazione, senza contare che le proposte non erano sempre in linea con i loro interessi. Ricordo un ragazzo, mio amico, laureato in Africa in medicina che qui raccoglieva pomodori».
Come funziona la vostra piattaforma?
«Mygrants si basa una tecnologia chiamata microlearning. Esistono diversi percorsi di formazione su livelli: si va da quelli che sviluppano competenze legate all’informatica a quelli per diventare un addetto alla sanificazione, ruolo molto ricercato ora. Oltre agli inserimenti lavorativi cerchiamo anche di aiutare ad avviare una start up chi ha un’idea imprenditoriale. Ora stiamo sviluppando un progetto per le aziende che si chiama PickMe, per aiutarle a trovare candidati tra i nostri utenti».
Quali sono i percorsi più
richiesti?
«Ci
sono tutti i corsi per lavorare nelle industrie manifatturiere e poi
tutta la parte dedicata all’accoglienza negli alberghi e nei
ristoranti. Oltre ai percorsi di formazione, molti utenti si affidano
a noi anche per essere aggiornati sulla normativa che riguarda
l’accoglienza».
Chi sono i vostri utenti?
«La
maggior parte arriva dall’Africa Subsahariana, parlo di Stati come la
Costa d’Avorio, la Nigeria o il Burkina Fasu. Tendenzialmente hanno
meno di 35 anni, sono soprattutto uomini e sono migranti economici».
Avete scelto di lanciare questa
azienda come una for profit. Come mai?
«Non potevamo mettere tutte le nostre competenze al servizio di un progetto su cui lavorare nel tempo libero. All’inizio il modello di business era semplice: ci rivolgevamo ai centri di accoglienza proponendoci per seguire i migranti nella parte di formazione che spesso loro non riuscivano a erogare. Adesso stiamo cercando di allargarci, lavorando assieme a grandi aziende o enti che possano finanziare i nostri progetti».
Dove vuole arrivare Mygrants?
«L’obiettivo è aumentare la nostra diffusione in Africa. Vorremmo intercettare i talenti direttamente lì creare dei canali per permettere ai migranti di viaggiare legalmente verso i Paesi europei».
Quanto c’è di tuo padre in questo
progetto?
«Mio
padre mi ha insegnato a essere perseverante. È grazie a lui che oggi
ho deciso di iniziare questa sfida».
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