Facebook annuncia (finalmente) la rimozione dei contenuti che negano l’Olocausto
«Shamefully late», «Vergognoso ritardo». Così Dovid Efune, giornalista della testata ebraica Algemeiner, ha definito la decisione di Facebook di muoversi per togliere dalla sua piattaforma i contenuti che negano l’Olocausto. La decisione del social network è stata comunicata oggi con una nota ufficiale pubblicata sul blog dell’azienda e firmata da Monika Bickert, vicepresidente della sezione che si occupa di moderare i contenuti.
Il social muove un altro passo verso una strada intrapresa ormai da anni, almeno da quando la circolazione sulla piattaforma di contenuti violenti e fake news è finita al centro del dibattito pubblico. Dopo aver messo al bando oltre 250 organizzazioni suprematiste bianche e molti gruppi legati alle teorie cospirazioniste dei Qanon, ora Facebook ha deciso che eliminerà anche i contenuti che negano l’esistenza del genocidio organizzato dal regime nazista in cui morirono oltre 15 milioni di persone, tra cui 6 milioni di ebrei.
Bickert spiega che questa decisione è stata presa dopo un «anno di consultazioni» con «esperti» e dopo aver analizzato studi che dimostrano come un quarto degli adulti degli Stati Uniti tra i 18 e i 39 anni crede che l’Olocausto sia un’esagerazione o addirittura non sia mai esistito. Facebook ha anche deciso che chiunque cercherà termini legati all’Olocausto sulla piattaforma verrà reindirizzato a pagine con «informazioni credibili». La rimozione non avverrà da subito. Il social ha anticipato che ci vorrà del tempo perché i moderatori siano in grado di riconoscere quali contenuti oscurare.
Servivano
16 anni per prendere questa decisione?
Dovid Efune non è stato l’unico a criticare il ritardo con cui si è mosso Facebook. Un altro commento evidenzia come Facebook sia stato aperto nel 2004 e abbia tollerato contenuti negazionisti o violenti sull’Olocausto fino al 2020. 16 anni, troppi per accorgersi di avere un problema. Dopo le critiche ricevute per la gestione del dibattito pubblico durante le elezioni presidenziali degli Stati Uniti nel 2016, Mark Zuckerberg – e in generale il mercato dei social – ha cercato di avviare iniziative sempre più corpose per arginare fake news e hate speech.
Uno sforzo che però sembra sempre in ritardo. Pochi giorni fa il Washington Post ha pubblicato un articolo firmato da Craig Timberg e Elizabeth Dwoskin intitolato Mentre Qanon cresceva, Facebook e Twitter hanno perso anni di segnali d’allarme sulla natura violenta della teorie cospirazioniste. Il rischio della rimozione dei contenuti sull’Olocausto quindi è lo stesso delle teorie Qanon: ormai potrebbero essere circolati troppo perchè farli sparire dai social sia sufficiente per farli sparire dal dibattitto in rete.
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