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L’immunologa Viola: «I miei figli? Solo a feste di chi ha fatto il tampone. In casa mia le chiacchiere dopo cena con mascherina»

13 Ottobre 2020 - 11:08 Redazione
La docente dell’Università di Padova ha spiegato perché le regole del nuovo Dpcm dovrebbero essere già nelle abitudini dei cittadini. Soprattutto in casa

Per l’immunologa Antonella Viola, docente dell’Università di Padova, il nuovo Dpcm non è una svolta esagerata. Le norme sulle mascherine, sulle feste in casa e su come comportarsi in generale all’epoca del Coronavirus erano già un’abitudine. In un’ntervista al Corriere della Sera spiega perché il «rischio zero non esiste», e perché c’è bisogno di rispettare attentamente le regole anche in casa.

«Se indosso la mascherina chirurgica e resto chiusa diverse ore in una stanza a contatto di un individuo contagioso, a sua volta protetto, potrei infettarmi lo stesso», spiega. E, considerando che spesso nell’ambiente domestico non si hanno le accortezze che si avrebbero con i non conviventi, l’attenzione estrema alle abitudini in casa è fondamentale. Come ricorda il quotidiano, il 70% dei contagi avviene nelle abitazioni.

Massimo 2-3 ospiti alla volta

A casa Viola la regola è nessun invitato di troppo: massimo 2-3 ospiti alla volta volta, ben distanziati a tavola e «le chiacchiere di fine cena a mascherina indossata». E se si sta attenti fuori, la mascherina con familiari conviventi si può evitare più facilmente. I ragazzi (uno di 19 e uno di 21, ndr) hanno partecipato a feste tra amici sottoposti a tampone. Evitiamo assembramenti e voli aerei. Andiamo al ristorante con le dovute accortezze». E bisogna fare attenzione anche sui mezzi pubblici, magari utilizzando una FFP2 con filtro,.

La diagnostica

La chiave, comunque, a livello nazionale, resta la diagnostica: maggiore sarà la disponibilità di fare i tamponi salivari molecolari e i test rapidi antigenici – più rapidi dei normali -, maggiore sarà il vantaggio che ne trarremo dal punto di vista del contenimento della curva epidemica. Niente può sostituire quelli tradizionali, spiega ma questi test permettono di «raggiungere persone che altrimenti potrebbero sfuggire come bambini e persone con difficoltà, ad esempio autismo» ed essere «molto utili in certi contesti come scuola e università, dove occorrono risposte veloci».

Immagine di copertina: vita in lockdown, EPA/SUSANNE HASSLER-SMITH

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