Gli enfant prodige italiani dell’algoritmo, dal liceo alle Olimpiadi di Informatica: «Programmare è creare magia»
La videochiamata è appena partita. In tempi di aumento dei contagi da Coronavirus, anche le interviste tornano ad essere in streaming. Dall’altra parte dello schermo ci sono quattro ragazzi. Davide Bartoli, Alessandro Bortolin, Filippo Casarin e Valerio Stancarelli. A fine settembre Davide e Alessandro hanno vinto rispettivamente la medaglia di argento e quella di bronzo alle Olimpiadi di Informatica, una competizione ogni anno si sfidano oltre 300 ragazzi provenienti da tutto il mondo. Hanno tutti tra i 17 e i 19 anni. Arrivano da Pisa, Treviso, Pordenone e Imola. C’è chi sta finendo il liceo e chi ha appena cominciato l’università. Per alcuni è la prima volta in queste competizioni, altri sono veterani. Tutti hanno cominciato un po’ nello stesso modo, come spiega Davide: «Ho sempre pensato che l’informatica fosse una cosa un po’ magica. Con la programmazione si può creare qualsiasi cosa, bastano logica, idee e conoscenze. Ci sono molte possibilità lavorative. Se uno è veramente bravo è facile trovare idee interessanti e diventare famosi».
Cosa succede alle Olimpiadi di Informatica
A differenza delle Olimpiadi che conosciamo meglio, qui il terreno di gioco è solo uno: tutti i partecipanti si confrontano su una serie di problemi. Chi riesce a risolvere tutti i problemi con degli algoritmi che permettono di trovare le risposte nel minor tempo possibile vince. Alla fine della prova, tutti i partecipanti hanno un punteggio in base a cui viene stilata una classifica: i primi 29 vincono una medaglia d’oro, dalla posizione 30 all’86 è medaglia d’argento e dall’87 alla 171 medaglia di bronzo. I componenti della squadra italiana hanno dovuto affrontare un processo di selezione prima di accedere alla fase internazionale. Prima c’è una fase scolastica, fra gli studenti degli istituti che decidono di partecipare al progetto, poi c’è una selezione territoriale e infine una nazionale, a cui arrivano circa 100 studenti in tutto.
Quest’anno la maggior parte di questo processo, sostenuto dall’Associazione italiana per l’informatica e il calcolo automatico (Aica) a e dal ministero dell’Istruzione, è stato fatto a distanza. Per la competizione internazionale invece i membri della squadra italiana si sono incontrati nella sede milanese di Aica, una decisione necessaria vista l’epidemia che ha fatto sfumare la possibilità per i migliori giovani informatici italiani di godersi una trasferta internazionale come successo gli altri anni. A ricordarlo è Alessandro, uno dei veterani della competizione. Nel 2019 ha partecipato all’edizione che si è tenuta a Baku, Azerbaigian: «C’erano circa 90 nazioni che partecipavano ed è stato interessante confrontare il nostro modo di vedere l’informatica con quello di studenti provenienti dall’estero. Poi c’è stato anche spazio per scambi culturali di altro tipo. Una sera hanno allestito un palco e ogni squadra ha potuto presentare un pezzo della sua cultura. Noi abbiamo deciso di cantare Bella Ciao».
Un futuro nella programmazione?
Data protection, Big Data developer, Artifical intelligence specialist e Data scientist. Scorrendo il report LinkedIn Emerging Jobs sui lavori più richiesti nel 2020 si vede come, al netto di uno sbilanciamento verso le professioni sanitarie, molte delle competenze più richieste sono proprio in ambito informatico. E questa è una cosa di cui i ragazzi si rendono ben conto. Lo spiega Valerio: «Io ho scoperto le Olimpiadi di informatica partendo da quelle di matematica, da sempre la mia passione principale. Ora sono indeciso su cosa fare nel futuro. Forse sono più portato per la matematica ma l’informatica ha più sbocchi lavorativi». Chi ha già cominciato l’università, come Alessandro, ha scelto di studiare Sicurezza Informatica, mentre chi è al liceo ancora sta decidendo su quale ambito concentrarsi. «A me è sempre piaciuta l’informatica ma non so ancora su quale ambito concentrarmi», dice Filippo. «Ora sono molto interessato ai calcolatori». Mentre l’intervista sta per finire, da dietro il video si sente Valerio ridere. Per tutta la durata della videochiamata, ammette, non ha smesso di programmare e, forse distratto, è arrivato a un risultato completamente sbagliato. Questa volta.
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