Cosa succede davvero se hai il tampone positivo? Viaggio tra centralini intasati e medici introvabili
La competenza sulla tutela della salute è materia concorrente tra Stato centrale e regioni. Lo dice il titolo V della seconda parte della Costituzione alla quale, nonostante la pandemia del Coronavirus in corso, non si può derogare. Anche lo strumento del Dpcm, ampiamente criticato delle opposizioni che spesso hanno parlato di sospensione della democrazia, rientra nei dettami della legge fondamentale italiana. La ripartizione dei compiti tra governo centrale e governi locali, però, ha creato dei cortocircuiti nella gestione dei casi Covid. Manca uniformità tanto nelle direttive quanto nella prassi e, come sempre, l’assenza di chiarezza va a scapito dei cittadini. E quando si scende nel pratico, le cose non sempre vanno come dovrebbero.
Con il costante incremento di casi che il Paese sta vivendo in questa nuova fase epidemica, l’iter da seguire in caso di presunta o accertata positività al Coronavirus è un tema che riguarda sempre più persone. Le linee guida generali del ministero della Salute si applicano in tutto il territorio. Poi, sono le regioni a metterle in pratica con procedure che, in molti casi, differiscono anche tra le singole Aziende sanitarie locali. Tra le città sotto osservazione per l’incremento dei contagi ci sono Milano, che l’11 ottobre ha individuato sul suo territorio 211 nuove infezioni, e Roma, 166 in sole 24 ore.
Milano: le misure generali di Ats
Nel territorio dell’Ats Milano, il più colpito in questa fase, la prima distinzione da fare raccomandata dai sanitari è quella tra «sintomi evidenti di Coronavirus o sintomi sospetti. Nel primo caso – spiegano dall’Ats -, ad esempio quando un individuo accusa tosse persistente e febbre alta, l’indicazione è quella di chiamare il 112, numero unico di emergenza». Gli operatori sanitari prendono in carico il paziente e lo accompagnano nel percorso di diagnostica, monitoraggio ed eventualmente trattamento. «Nel caso di sintomi sospetti lievi, bisogna chiamare il medico curante che, con le opportune domande, valuta il rischio dei comportamenti adottati dal paziente».
Se il medico non risponde?
Il medico curante decide se prenotare, tramite Ats, il tampone per il paziente. «Il cittadino, dopo che il medico ha segnalato il suo caso all’Ats, può prenotare direttamente il tampone dal sito dell’azienda sanitaria scegliendo una data congeniale». Non poche persone hanno raccontato, però di aver avuto parecchie difficoltà a mettersi in contatto con il medico curante, ad esempio a causa delle ferie. «In quel caso si può chiamare il 116.117 – numero dell’ex Guardia medica – e la procedura prosegue alla stessa maniera». Ci sono poi delle casistiche particolari, come quella per il rientro da Belgio, Francia, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Regno Unito e Spagna. «Chi torna da questi Paesi deve registrarsi nel portale ad hoc e prenotarsi online per il tampone obbligatorio».
Obbligo di quarantena per i contatti stretti e tampone dopo 14 giorni
Chi atterra a Linate può sottoporsi al tampone direttamente nell’aeroporto. La questione procedurale riguarda anche chi sa di essere in contatto con una persona positiva, magari attraverso la notifica dell’app Immuni. «Anche in questo caso, alla stessa maniera di chi sviluppa sintomi sospetti, bisogna rivolgersi al medico di base». Può capitare di essere chiamati direttamente dall’ufficio prevenzione malattie infettive se l’Ats, attraverso la propria indagine epidemiologica, risale al soggetto entrato in contatto con il paziente infetto.
«Ai contatti stretti è disposto l’obbligo di quarantena di 14 giorni, al termine della quale viene fatto il tampone per accertare la negatività e certificare la fine dell’isolamento fiduciario». Fanno parte di un’altra categoria i soggetti del mondo scuola «a cui si cerca di fornire un canale diagnostico privilegiato» e chi rientra da località turistiche anche nazionali: «Il medico di medicina generale, contattato dal viaggiatore, può prenotare un tampone all’Ats qualora ravvisi che il suo paziente ha adottato comportamenti a rischio».
Roma, criticità nella reperibilità dei medici di base
Enrico Di Rosa, direttore servizio Igiene e sanità pubblica dell’Asl Roma 1, spiega che chi è in condizioni gravi «deve chiamare immediatamente il 118, permettendo così di attivare il percorso classico di chi si trova in una situazione di emergenza». Chi ha sintomatologia lieve, eventualmente compatibile con la Covid, «deve chiamare il medico di medicina generale che ha tutti gli strumenti per avviare il processo diagnostico». I medici curanti, nel Lazio, hanno la possibilità di prenotare il tampone rapido antigenico. «In concomitanza di particolari condizioni di rischio, invece, il medico prenota il classico tampone molecolare».
Anche a Roma si sono verificate situazioni di disagio per i cittadini che non sono riusciti a farsi prenotare il tampone. «Il problema è prettamente di tipo assistenziale, non sanitario. L’intermediazione del medico di base è essenziale perché fa da filtro ed è in grado di capire l’entità del sospetto di contagio». Rivolgersi direttamente all’Asl è complicato, spesso non si riceve risposta. «Riceviamo migliaia di telefonate ogni giorno – afferma Di Rosa -. Consiglio di rivolgersi al numero verde regionale per l’emergenza, l’800.118.800, dove risponde personale medico qualificato e che ha un sistema integrato con le Asl di competenza. Compilano una scheda del singolo caso e la condividono con le Asl che si occupano di contattare la persona per il tampone». Bisogna avere pazienza, ma il numero verde è attivo dalle ore 8 alle 21.
Il telefono della Asl squilla, a vuoto
In un tentativo di mettersi in contatto con il numero verde, l’operatore ha risposto dopo ben 11 minuti di attesa. «In questo momento il sistema fatica a funzionare in maniera fluida, lo dico onestamente – ammette Di Rosa -. Il problema è che il Covid pone sempre problemi nuovi e implica un adeguamento costante del sistema sanitario. Stiamo risolvendo il tema delle code ai drive-in: quindici giorni fa avevamo 18 postazioni attive, nei prossimi giorni arriveremo a un totale di 50 drive-in». La diagnostica a domicilio è prevista per gli anziani e per chi non ha possibilità di muoversi dalla propria abitazione.
«A parte i mesi di maggio, giugno e luglio, siamo sempre stati un po’ in affanno, ma continuiamo a investire nel potenziamento della rete», assicura Di Rosa. A differenza della Ats Milano, l’Asl Roma 1 cerca di effettuare il tampone sui contatti stretti dei positivi prima della fine dei 14 giorni di quarantena obbligatoria. «Sapere quanto prima se il contatto stretto è anch’esso positivo aiuta nel contact tracing e, in generale, sono informazioni utili per la sanità pubblica». Non tutte le regioni, come invece è successo nel Lazio, hanno sdoganato il test antigenico, più rapido del tampone molecolare: «Questo ci aiuta a garantire un servizio più veloce e capillare».
«Il quadro epidemiologico è certamente preoccupante – dice Di Rosa -, per questo è utile mettere in campo tutti gli strumenti diagnostici: abbiamo iniziato con i tamponi molecolari, adesso sono stati accettati anche gli antigenici e a breve inizieremo a testare con i test salivari, più adatti a essere usati sui bambini». Il coordinamento regionale tra le varie Asl del Lazio è forte: le aziende sanitarie adottano più o meno le stesse procedure. «Ci sono due novità che ci differenziano dalle altre regioni: adesso è possibile fare i test antigenici in strutture private, alleggerendo così la pressione sul servizio pubblico – conclude il direttore – e presto ci saranno anche alcuni studi di medicina generale dove si potranno effettuare gli antigenici».
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