Coronavirus, il Cts: «Servono subito misure più stringenti». Poi frena: «Nessuna richiesta al governo». Riunione in arrivo
Dopo l’allarme, la smentita. Il Comitato tecnico scientifico (Cts), attraverso le parole di Miozzo, ha negato un’azione di pressing sul governo per chiedere con urgenza una stretta per arginare il contagio da Coronavirus. In mattinata era emersa la richiesta da parte del comitato di esperiti provvedimenti più restrittivi che superino l’attuale Dpcm, anche in vista del weekend, ma il coordinatore ha frenato: «Stiamo pensando di convocare una riunione del Cts nelle prossime ore ma nessuno ci ha chiesto nulla – ribadisce – né noi abbiamo chiesto nulla».
Con l’impennata dei contagi e le terapie intensive sempre più sotto pressione, nelle stanze del governo si fa concreta l’ipotesi di varare la stretta. Sulla scia di quanto fatto da Francia e Regno Unito, anche l’Italia potrebbe dare un ulteriore giro di vite, imponendo il coprifuoco sanitario a partire dalle 22. Sul tavolo, c’è anche la reintroduzione della didattica a distanza nelle scuole, magari in alternanza alle lezioni in presenza, come allo studio a Milano. Sul tema, però, il governo è diviso. La proposta di passare alla dad nei licei, con tre giorni a casa e tre in aula, non piace a tutti, a partire dalla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina.
L’urgenza di trovare una quadra a livello nazionale
L’esecutivo, al netto delle divisioni, è chiamato a trovare una quadra. Dopo la chiusura delle scuole in Campania e il ritorno in Regione della didattica a distanza, a Palazzo Chigi si prova ad accelerare per trovare misure adeguate a livello nazionale utili ad arginare la diffusione del contagio. «Ho chiesto ieri al presidente Conte una riunione appena sarà rientrato da Bruxelles per decidere senza indugio nuove misure nazionali per contenere il contagio, ovviamente d’intesa con le Regioni», ha detto il capo delegazione Pd al governo Dario Franceschini.
Secondo il Corriere della Sera sul tavolo del governo c’è l’ipotesi di imporre un coprifuoco alle ore 22 con la chiusura di bar, ristoranti e locali e il divieto per i cittadini di uscire di casa. Per ora il ministro della Salute Roberto Speranza frena: «A me questa misura non risulta». E su Facebook anche il direttore sanitario dello Spallanzani Francesco Vaia prende posizione: «Basta minacce di nuove chiusure, serve buon senso e dipende solo da noi».
Terapie intensive sotto pressione
I numeri, però, sono allarmanti. Il dato che più preoccupa il governo è quello delle terapie intensive, che stanno raggiungendo il livello di saturazione. Sono almeno dieci le Regioni – secondo l’ultimo monitoraggio del ministero della Salute e dell’Iss – ad avere un rischio definito alto per il sovraffollamento delle unità intensive: si tratta dell’Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria e Valle d’Aosta. Queste hanno una probabilità di superare la soglia del 30% dei letti occupati dai pazienti Covid nel prossimo mese.
La priorità di Conte – dichiarata a più riprese dallo stesso premier – è evitare un altro lockdown nazionale. Ma il timore è che, con il repentino aumento dei contagi registrato negli ultimi giorni, il tempo a disposizione per intervenire sia poco. Al punto che in seno all’esecutivo non si esclude una stretta ulteriore già nelle prossime ore.
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