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La soluzione migliore per la Brexit è un accordo senza accordo?

17 Ottobre 2020 - 07:26 Federico Bosco
Il “No deal”, l’uscita dall’Unione europea senza un accordo commerciale, sembrava lo scenario peggiore per il Regno Unito guidato da Boris Johnson. Ora invece potrebbe essere l’unica via di fuga possibile

Normalmente i leader europei hanno posizioni diverse su qualunque tema, tranne che su uno: tenere una linea dura nei confronti del Regno Unito e del Brexit. Le dichiarazioni ufficiali rilasciate dopo il Consiglio europeo dicono che tutti gli aggiustamenti necessari per raggiungere un accordo sono nelle mani di Londra, altrimenti, seppur controvoglia, gli Stati membri sono pronti al Brexit senza nessun accordo, il no deal. Il premier Boris Johnson ha dato poi la sua versione dei fatti dopo la fine del summit europeo.

Con un tono severo, ha detto tre cose:

  • L’Unione europea si è rifiutata di negoziare seriamente in questi mesi
  • Il vertice ha cercato esplicitamente di evitare una soluzione sullo stile dell’accordo Ue-Canada (il modello desiderato da Londra)
  • Il Regno Unito è pronto a un’uscita senza nessun accordo, regolata con accordi simili a quelli con l’Australia, basati sui principi del libero commercio globale.

La maggior parte delle esportazioni australiane verso l’Ue sono soggette a dazi e quote fissate secondo i termini dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), un trattato specifico è ancora in fase di negoziato. Riferirsi all’Australia quindi vuole dire che dal 1° gennaio Ue e Regno Unito ripartono da zero, dal WTO. Se la linea dura dell’Ue aveva come obiettivo un cedimento di Johnson, almeno per ora non ha funzionato.

Macron e la questione dei diritti di pesca

Al momento il più refrattario a fare concessioni è il presidente Emmanuel Macron, coinvolto direttamente per via del diritti di pesca nel canale della Manica. La questione è di particolare importanza anche per Paesi Bassi, Belgio, Danimarca e Irlanda, ma è Macron ad aver portato le cose a un punto in cui è difficile tornare indietro. Questo è il momento in cui le parti dovrebbero preparare a un compromesso, Macron sta facendo l’opposto.

Fin dal giorno dopo il referendum del 2016, la Brexit ha causato un’ondata di irrazionalità anche tra persone normalmente razionali, i diritti di pesca sono un buon esempio di questo aspetto. Se il Regno Unito uscirà con un no deal, da gennaio i diritti di pesca saranno disciplinati dal diritto internazionale, causando tutta una serie di conseguenze. I primi a perderci sarebbero proprio quei pescatori francesi che Macron cerca di tutelare, ma non solo solo.

A soffrire sarebbe anche l’intera filiera dell’Europa continentale, dai grossisti del mercato ittico ai ristoratori. In caso di no deal quindi, si cercherebbe di fare rapidamente degli accordi transitori, che è proprio quel che il Regno Unito propone in questo momento. La pesca è un dossier in cui Londra ha un vantaggio, ecco perché l’Ue voleva risolverlo subito mentre Johnson lo teneva per ultimo.

Il tempo stringe, a Berlino serve un accordo

Adesso siamo solo a metà ottobre, in teoria c’è ancora tempo. Spesso i negoziati europei hanno successo solo dopo aver sfiorato il fallimento, un esempio recente è l’accordo sul Recovery Fund. Tuttavia, è anche vero che un conto è trovare un accordo tra Stati membri, un altra cosa è negoziare una cosa mai accaduta prima come il Brexit. Per il momento la cancelliera tedesca Angela Merkel resta un passo indietro e lascia la scena a Macron, ma anche la Germania ha i suoi interessi nazionali.

Lo scenario del no deal colpisce anche l’industria tedesca e le lobby nazionali coinvolte si faranno sentire presto. Attualmente il governo tedesco è sotto pressione, aver superato la prima ondata di Coronavirus con successo non ha impedito l’arrivo della seconda. L’allerta è massima. L’ultima cosa di cui ha bisogno l’industria tedesca (in particolare l’automotive) è una guerra dei dazi con uno dei principali partner commerciali.

L’unico accordo possibile?

Il Consiglio europeo aveva lanciato la palla nel campo del Regno Unito, adesso è tornata in quella dell’Ue. Senza dubbio ci sarà un altro tentativo di sbloccare la situazione ma se i colloqui andassero avanti per un altro mese fino a metà novembre senza nessun risultato, allora la finestra per una soluzione dell’ultimo minuto diventerebbe davvero molto piccola.

C’è poi la possibilità che l’accordo arrivi solo dopo il divorzio, ma in tempi rapidi, perché a quel punto entrambe le parti potrebbero trarre solo vantaggio da un accordo commerciale. Uno scenario in cui le economie soffrirebbero un ulteriore elemento di crisi, ma dal punto di vista politico (e dei politici) sarebbe una vittoria per tutti, pacifica, senza sconfitti. Nel frattempo, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen annuncia che si continua a negoziare per un accordo, ma non a qualsiasi costo. La settimana prossima il team di negoziatori dell’Ue sarà a Londra, la storia del Brexit continua.

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