Crisanti all’attacco: «Il controllo si è sbriciolato con i numeri così alti: per tornare sotto i 2 mila casi serve il lockdown di Natale»
Più il numero dei contagi da Covid-19 aumenta più diminuisce la capacità del sistema di far fronte al monitoraggio. Una proporzione per nulla rassicurante su cui il professore dell’Università di Padova Andrea Crisanti invita a far luce parlando di «un sistema ormai sbriciolato». L’accusa dello scienziato sulle pagine del Corriere della Sera è forte. Secondo quanto spiega, l’intero impianto di controllo del virus sarebbe finito schiacciato sotto il peso dei numeri in continua crescita. Una condizione che, alla luce di un’ondata numero due prevista da tempo da parte di tecnici ed esperti, suona ora come una ancor più grave mancanza.
«Con 9-10 mila casi al giorno, la sorveglianza non puoi più farla perché non hai la capacità di testare tutti i soggetti a rischio» continua Crisanti, «per affrontare un carico del genere servirebbero risorse gigantesche per tamponi, reagenti e struttura». Un condizionale che al momento sembra non riuscire a trasformarsi in realtà, con un numero di positivi che secondo il professore poteva essere controllato soltanto «sotto quota duemila».
Il lockdown a Natale
È in questo scenario che il virologo inserisce la proposta di un lockdown natalizio che resetti e dia respiro all’intero sistema. Un isolamento per l’esperto più che mai necessario che però, anche in questo caso, andrebbe utilizzato con la giusta strategia. «Bisognerebbe intervenire quando i casi non sono troppi. Mi spiego: un conto è partire da 10 mila contagi al giorno e altra cosa sono 50 mila, che sarebbe disastroso» specifica Crisanti, sottolineando come il periodo natalizio sarebbe l’ideale anche per lo stop di scuole e uffici.
Per un sistema «sbriciolato», l’intervento deve essere dunque tempestivo. È per questo che oltre al blocco totale a Natale, il virologo dell’Università di Padova propone, per le prossime settimane, misure che portino i contagi «a un livello di nuovo sostenibile». Lo scienziato parla di una politica «aggressiva di identificazione dei focolai e zone rosse», mentre si mantiene più leggero sulle misure restrittive, da adottare ora in maniera «graduale e accettabile dal punto di vista economico». Solo successivamente, il reset di cui parla da giorni. «Una volta portata la curva a un punto di sopportazione» si ripartirebbe, secondo il professore, con più serenità attraverso «sorveglianza» vigile e «attiva».
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