Concorso scuola, ora i candidati hanno paura: «Sarà una bomba epidemiologica di cui dovranno rispondere»
Sono ore concitate. Mancano due giorni alla prima data del concorso straordinario per la scuola, previsto dal 22 ottobre al 16 novembre, indetto dal ministero dell’Istruzione per l’immissione in ruolo di 32 mila docenti precari. A presentarsi saranno circa 64 mila candidati e, nella settimana dei record di nuovi positivi al Coronavirus, decine di docenti tornano a farsi sentire, manifestando «sconcerto» per le condizioni di svolgimento della prova. A preoccuparli particolarmente sono gli spostamenti sui mezzi pubblici che l’evento richiede.
Tra chi sosterrà la prova c’è Mariella, un’insegnante di 31 anni. Per il concorso dovrà spostarsi da Lecce, dove lavora, a Palermo. Il modo più sicuro per arrivarci è farsi 9 ore di macchina. «Sono una delle più fortunate», racconta a Open. «Posso permettermi di andare in macchina e di pagare il soggiorno fuori. Ma non tutti hanno questa fortuna e saranno migliaia gli insegnanti che si muoveranno tra le varie regioni»
Non è solo la distanza a preoccuparla. Da 4 anni lavora come precaria e il 2 ottobre è entrata come insegnante di sostegno in una scuola pugliese. Il ragazzo che assiste, spiega, ha una grave disabilità e non riesce a tenere la mascherina: una condizione che fa di lei è un soggetto a rischio. Per evitare problemi ha chiesto 10 giorni di aspettativa, così da ridurre al minimo i rischi per i suoi colleghi. La sua assenza, però, non verrà colmata fino al suo ritorno. «Mi sento in colpa nei confronti del mio alunno», dice. «Ma come posso fare?».
Come lei, anche molti altri insegnanti si assenteranno nei giorni attorno all’esame, creando un disagio non da poco alle scuole già in carenza di organico. Ma Mariella non si sente di addossare tutte le colpe alla ministra Lucia Azzolina. “Capisco che la pandemia possa averla colta impreparata”, dice. «Quel che non riusciamo a capire è perché tutta questa fretta: il 99% di chi farà il concorso ha già un lavoro (è riservato a chi ha almeno 3 anni di esperienza, ndr) e probabilmente non lo lascerà fino al prossimo anno. Quindi fino a settembre prossimo quasi nessuno inizierebbe l’anno di prova in cattedra previsto dopo la vittoria al concorso».
Rinviare il concorso
«Dato il momento di emergenza, noi precari chiediamo il rinvio del concorso», dice a Open Eleonora, una delle docenti per cui l’occasione – che si verifica una volta ogni 6/7 anni – si sta rivelando fonte di ansia e stress. Eleonora è un nome di fantasia: anche lei, come già altre colleghe, preferisce mantenere l’anonimato. «Dalle amministrazioni si inventano di tutto», dice. Ha 7 anni di precariato sulle spalle, ma sta valutando di non presentarsi alla prova. Per la sua classe di concorso ci sono solo due posti in Veneto e dovrà sposarsi dalla provincia di Treviso a quella di Bergamo: due treni, un autobus e un pernottamento fuori. «Non vale il rischio», dice. «Ho due figlie piccole e lavoro in una classe che non so se mi sento di mettere in pericolo».
Il 2 ottobre, insieme ad altri colleghi, ha inviato una lettera a Sergio Mattarella, Giuseppe Conte e ai ministri interessati affinché intervenissero «con urgenza» a bloccare le prove, «per la salvaguardia della popolazione studentesca, delle famiglie e dei docenti stessi». Anche Anna, un’altra precaria in corsa per il ruolo, dice che «il concorso si configura come una potenziale bomba epidemiologica». Una bomba «di cui prima o poi qualcuno dovrà rendere conto alla popolazione e alle famiglie degli studenti, dai quali torneremo in classe il giorno dopo».
Quelle di Eleonora, di Anna e di Mariella sono solo due delle numerose e-mail e segnalazioni che arrivano sul tema: lo stesso professor Massimo Galli, direttore di Malattie Infettiva al Sacco di Milano e punto di riferimento di questo 2020 di pandemia, ha dichiarato di riceverne in larga quantità, e che «bisogna tenere ben conto di rischi e problemi».
I trasporti
«Nonostante la ministra Lucia Azzolina continui a proclamare che i concorsi si svolgeranno “in piena sicurezza” ed al massimo con “8 docenti per aula”, quello che spaventa noi docenti è la miopia riguardo la mobilità che un concorso come questo prevede», spiega Anna. Possibile, si chiede, che l’assegnazione delle sedi per ciascun candidato non risponda al criterio di prossimità rispetto alla residenza? Il giorno dopo la prova, migliaia di docenti torneranno nelle proprie aule «come potenziali e inconsapevoli soggetti virulenti».
Il nodo dei trasporti e della mobilità resta un punto cruciale. Un punto che non riguarda solo lo spostamento degli insegnanti per il concorso, ma che preoccupa in generale nell’ottica dei flussi quotidiani. Da questo punto di vista, quella del 22 ottobre (e delle date a seguire) potrebbe essere una prova importante. Come risolverla, però, resta un rebus. In primis di responsabilità: dal ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture fanno sapere che non spetta a loro fare la prima mossa, che dovrebbero pervenire delle richieste specifiche dagli enti locali per poter agire. E per il momento, dicono, nessun comune si è fatto sentire.
Ai viaggi interregionali su «aerei, bus, metropolitane e autobus» si aggiunge poi la questione delle strutture che dovrebbero ospitare i docenti la notte prima delle prove (che si svolgeranno anche al mattino): «sono praticamente inesistenti nei piccoli paesi di provincia scelti come sedi – spiega ancora Anna-, e, dove ci sono, in molti stanno cancellando le prenotazioni causa Covid».
Il ministero non rimanda
Dal canto suo, la ministra Azzolina rimane ferma sulle sue posizioni: il concorso si farà, dice, come si fanno tutti gli altri. «Si fa su tutt’Italia, secondo un protocollo severissimo validato dal Cts». Il suo portavoce ha ribadito a Open che non c’è motivo di non farlo: «Dovremmo chiudere o rimandare tutte le attività che prevedono 10 persone distanziate in un’aula per 150 minuti?». Eppure è lo stesso Comitato tecnico scientifico che, per bocca del suo coordinatore Agostino Miozzo, fa scattare l’allarme sulle condizioni dei mezzi di trasporto. Alla domanda sul perché non sia stato scelto un criterio di prossimità alla residenza nell’assegnazione delle sedi, il Ministero non ha ancora dato risposta.
L’alternativa dei sindacati
I sindacati, al contrario, premono per una soluzione ancora diversa: quella di evitare del tutto il concorso, immettere tutti i precari in ruolo e poi organizzare una prova di valutazione ex post a fine anno. Far valere quest’anno come prova e poi esaminare i docenti a giugno (non sarebbe del tutto corretto, però, considerando che, come visto, pochi di loro cambierebbero cattedra in corsa). La questione era emersa già in estate, quando le preoccupazioni per la curva autunnale iniziavano a farsi largo. Azzolina però frena anche su questo fronte: secondo Anna Maria Santoro di Flc Cgil, si tratta di «pregiudizio ideologico, che la rende cieca rispetto alla realtà».
Escluso chi è in quarantena
Un’altra questione aperta è quella delle prove suppletive per chi è in quarantena, fiduciaria o meno. Non sono previste per ora delle prove alternative per chi non potrà esserci in presenza. La Gilda degli insegnanti ha mandato un appello al premier Conte affinché venga concesso ai docenti precari in isolamento di approfittare dell’occasione per la stabilizzazione. Per ora, non ci sono state risposte. «Io ho colleghi e colleghe che non potranno farlo», dice Eleonora. «Organizzare le cose ci sembra un capriccio. Un capriccio e basta».
Immagine di copertina: Foto di repertorio | ANSA/ANGELO CARCONI
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