Coronavirus, svelato il piano di Crisanti presentato al governo già in estate: «Mi hanno ignorato»
È stato pubblicato il testo integrale del documento che, se fosse stato adottato, avrebbe potuto evitare le nuove limitazioni della libertà introdotte dal governo per limitare i contagi di Coronavirus: almeno secondo l’analisi dell’autore di quel piano, Andrea Crisanti. «Se si raggiunge la soglia di rottura, quando il numero dei casi eccede la capacità di risposta del sistema sanitario, l’unica opzione disponibile rimane il lockdown che, vista la situazione economica, rimane una scelta estrema», scriveva il direttore del dipartimento di Microbiologia dell’Università di Padova il 20 agosto scorso.
Il piano Progetto sorveglianza nazionale: Italia è stato caricato oggi, 20 ottobre, sul sito Lettera 150, think tank composto da 250 accademici italiani di diverse discipline riunitisi durante la prima fase dell’epidemia. Crisanti quel programma l’avrebbe consegnato direttamente nelle mani del ministro per i Rapporti con il parlamento, Federico D’Incà, e del viceministro della Salute Pierpaolo Sileri. «Non ho più avuto riscontri alla mia proposta», dice amaramente. Il suo programma di politica sanitaria prevedeva il tracciamento automatico di tutti gli appartenenti agli ambienti di vita dei positivi e tamponi diffusi, fino a 400 mila al giorno se necessario, per spegnere sul nascere i focolai di Covid-19.
L’amarezza di Crisanti
«Ora, a distanza di quasi tre mesi, vengono emanati nuovi decreti del presidente del Consiglio, destinati a impattare sulla nostra qualità della vita e sulle nostre attività lavorative, subiti pazientemente con la speranza che possano contribuire a diminuire il contagio», afferma Crisanti, commentando la pubblicazione del piano. E fa un’altra critica al governo: «Ancora una volta si persiste nell’errore di non chiedersi come, ridotto il contagio con misure progressivamente restrittive, si faccia a mantenerlo a livelli bassi».
«La sfida dell’identificazione degli asintomatici»
«La mancata risposta a questa domanda – conclude Crisanti – ci condannerà a una altalena di misure restrittive e ripresa di normalità che avrà effetti disastrosi sull’economia, l’educazione e la vita di relazione». Nel capitolo Capacità del sistema sanitario di reggere l’urto della nuova impennata di trasmissione, Crisanti, il 20 agosto, affermava: «L’identificazione degli asintomatici è la sfida che abbiamo davanti per evitare che i casi aumentino vertiginosamente fino al punto di rottura».
«La chiave del successo veneto»
Il professore, ribattezzato “il signore dei tamponi” per la strategia che ha permesso al Veneto di contenere i danni durante la scorsa primavera, nel documento ricordava i giorni difficili della prima fase epidemica: «Mi preme qui ricordare che sempre a Vo’ il virus il 27 febbraio aveva già infettato il 5% della popolazione prima di creare casi clinici sintomatici. L’identificazione sistematica degli asintomatici attraverso l’uso massiccio ma mirato di tamponi è stata la chiave del successo del Veneto nel contrastare la diffusione del virus».
I nuovi laboratori mai costruiti
Nel capitolo Implementazione, Crisanti proponeva poi la realizzazione di «venti laboratori con la capacità di effettuare 10 mila tamponi al giorno sul modello di quello realizzato dall’università di Padova che combina flessibilità, precisione, scalabilità e indipendenza dai fornitori per i reagenti». E ancora: «Venti laboratori mobili con capacità di effettuare 2 mila tamponi al giorno per rispondere prontamente a situazioni di emergenza e sostenere la capacità di regioni in difficoltà».
A che prezzo?
La costruzione di queste nuove strutture, fisse e mobili, sarebbe dovuta andare di pari passo con l’incremento della capacità di effettuare tamponi delle singole Ats regionali e con la creazione di una centrale nazionale di analisi dati. «I costi di questa iniziativa – concludeva Crisanti – possono essere stimati in circa 40 milioni di euro di investimenti e circa 1 milione e mezzo al giorno di costi di gestione comprensivi di reagenti e personale».
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