Zangrillo: «Ora il virus è tornato a mordere, ma non serve la paura. I giovani proteggano genitori e nonni»
Che la situazione della pandemia di Coronavirus sia cambiata, ora lo ammette anche Alberto Zangrillo. Di quella domenica di maggio, quando aveva detto che il «virus è clinicamente morto» e i numeri di contagi e ricoveri erano indubbiamente più bassi rispetto a oggi, il primario di anestesia e rianimazione del San Raffaele di Milano rivendica al Corriere della Sera però il senso di quel messaggio: «io ho sempre sostenuto, anche se ciò non ha mai fatto clamore, che con il Covid dobbiamo imparare a convivere. Evidentemente non l’abbiamo fatto abbastanza».
Oggi però il virus è tornato a preoccupare più di prima, frutto secondo Zangrillo dei: «comportamenti negligenti. Ma solo di pochi». A maggio ribadisce che il virus: «era in ritirata, oggi è tornato a mordere», ma non per questo è disposto a cambiare idea sul fatto che dire la verità non deve essere: «spaventare i cittadini affinché reagiscano come voglio io».
La frecciatina ai colleghi con cui non si trova spesso d’accordo è inevitabile, con qualche apertura per esempio con il prof. Massimo Galli del Sacco di Milano che nei giorni scorsi ha parlato della necessità di rinunciare al superfluo, per evitare il peggio: «Va bene – dice Zangrillo – le possiamo chiamare rinunce. Servono a salvaguardare tutto ciò che deve rimanere attivo. Scuola e attività produttive soprattutto».
Il fronte più delicato è ancora una volta quello «dei più fragili», gli anziani oltre che i diabetici e i cardiopatici. E anche in questo caso Zangrillo si ritrova d’accordo con buona parte degli esperti, che rimettono buona parte delle loro speranze sui giovani perché proteggano genitori e nonni con i propri comportamenti: «Spero che in loro scatti un meccanismo di protezione nei confronti di genitori e nonni. Dobbiamo proteggere loro».
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