Coronavirus. Il test dello Spallanzani distinguerà Covid-19 e influenza? Evitiamo gli inutili complotti
Le agenzie di stampa hanno recentemente diffuso l’annuncio di un nuovo test diagnostico in fase di studio all’Istituto Spallanzani di Roma. Vengono così attribuite all’assessore alla Salute della regione Lazio Alessio D’Amato alcune affermazioni, tratte da una «videoconferenza della task-force regionale per il Covid-19 coi direttori generali delle Asl e Aziende ospedaliere, Policlinici universitari e l’ospedale Pediatrico Bambino Gesù».
«Presto lo Spallanzani sperimenterà i test naso-faringei in grado di distinguere tra influenza stagionale (sia di tipo A che di tipo B) dal coronavirus», riporta Agi citando l’Assessore.
Sostenere che un «test naso-faringeo distinguerà il Covid dalla comune influenza», dato il contesto reale dei test diagnostici, potrebbe suonare come quelle etichette apposte sui prodotti alimentari, che indicano proprietà ovvie del prodotto, lasciando intendere che manchino invece nella concorrenza. Non critichiamo la veridicità dell’affermazione, ma tutto quel non meglio precisato che potrebbe prestare il fianco a fraintendimenti. Tutti i test per la Covid-19, siano essi sierologici o molecolari, sono già uno strumento utile per aiutare i medici a riconoscere la presenza diretta o indiretta del SARS-CoV2, quindi implicitamente, consentono un discernimento rispetto a chi è trovato invece positivo, agli anticorpi o al genoma virale, dei virus influenzali, o a un Coronavirus del raffreddore. Se si perde questo, il rischio è quello di dare adito a una narrazione complottista ancora in circolazione, basata in parte su questa confusione, sostenendo che i test diagnostici non siano in grado di permettere ai medici tale discernimento. Dunque ci sembra legittimo temere che titoli troppo semplicisti non facciano altro che alimentare la disinformazione sul nuovo Coronavirus.
Le vere opportunità dei test rapidi antigenici
I test rapidi antigenici non hanno dimostrato di essere efficaci quanto quelli standard, anche qui però il contesto e le modalità potrebbero fare la differenza, lo vedremo meglio nel prossimo paragrafo. In generale sono già di grande aiuto quando si vanno a vedere i grandi numeri, per studiare il comportamento del Sistema immunitario in reazione al virus, e i dati in merito possono risultare preziosi anche negli studi epidemiologici. Si è discusso a tal proposito della possibilità di renderli disponibili a basso costo, commercializzandoli nelle farmacie, come progetta di fare la Abbot. Sarebbe quindi possibile farsi questo genere di test in casa, visto che non necessitano di inviare il campione in un laboratorio per ottenere l’esito. Basta mettere in contatto il proprio tampone oro-faringeo con delle strisce «intrise» di anticorpi specifici, per ottenere in poco tempo un risultato, dovuto all’entrata in contatto o meno degli antigeni virali con gli anticorpi.
Ridurre i tempi per facilitare il tracciamento dei positivi
C’è anche chi, come Il Messaggero, riesce a trovare il punto, parlando più propriamente di «tampone solo dopo test rapido con alta carica virale». La notizia sta infatti nel ridurre i tempi che dal test diagnostico preliminare portano a quello molecolare RT-PCR. Se infatti il test rapito antigenico – che porta a esiti entro 30 minuti – mostrasse una alta carica virale (parliamo quindi di casi in cui il falso positivo sarebbe molto improbabile), non sarebbe necessario attendere un ulteriore tampone per quello molecolare, che a seconda dei casi potrebbe richiedere fino a 72 ore di attesa. Si stima che questo meccanismo permetterebbe di risparmiare 1/4 delle procedure standard richieste oggi per accertare con un certo grado di sicurezza se una persona è affetta da Covid-19.
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