Coronavirus. Le mascherine fanno male? Le risposte alle domande dei lettori contro la disinformazione
Torniamo sul tema mascherine e falsi miti riguardo alla loro utilità, come i presunti eventi avversi a cui vengono solitamente collegate dai guru delle Medicine alternative e delle tesi di complotto. L’emergere della pandemia causata dal nuovo Coronavirus ha introdotto una prassi già nota in altri Paesi, dove le mascherine sono già usate, in generale contro la diffusione di patogeni trasmissibili per via aerea. Prima di addentrarci in questa Guida utile, rispondiamo subito al quesito più diffuso: come mai non le usavamo anche prima contro le epidemie di influenza?
Indice:
Quando parliamo di appiattire la curva dei contagi, intendiamo scongiurare un aumento critico del carico degli ospedali, in special modo nei reparti di terapia intensiva, che interessano i casi gravi di Covid-19. Nelle democrazie occidentali non è stato ritenuto necessario imporre l’uso delle mascherine; una tale limitazione (se pur minima) delle libertà individuali, può essere giustificata solo temporaneamente in situazioni di emergenze rilevanti.
L’OMS aveva cambiato idea?
Una delle narrative più in voga è quella dell’OMS che cambiava idea sull’uso o meno delle mascherine. Grazie a WebArchive possiamo visionare ancora oggi le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in merito al loro uso pubblicate da febbraio 2020 ad oggi. Ecco quanto riportato il 7 febbraio:
- If you are healthy, you only need to wear a mask if you are taking care of a person with suspected 2019-nCoV infection.
- Wear a mask if you are coughing or sneezing.
- Masks are effective only when used in combination with frequent hand-cleaning with alcohol-based hand rub or soap and water.
- If you wear a mask, then you must know how to use it and dispose of it properly.
Qui il primo video dell’OMS pubblicato il 5 febbraio 2020:
All’epoca non si poteva sostenere che le mascherine chirurgiche potessero proteggere chi le indossava, ma perché si raccomandava l’uso a chi gestiva i malati? Per precauzione, ovviamente. Bisogna considerare che all’epoca non c’era una grande disponibilità di mascherine, le quali scarseggiavano creando difficoltà agli operatori sanitari che ne avevano estremo bisogno per il loro lavoro.
In ogni caso era già chiara l’importanza nei confronti di chi invece presentava sintomi. Nulla era cambiato e ad aprile l’OMS ribadiva l’importanza del loro uso da parte di chi era positivo e degli operatori sanitari e le linee guida in data 7 aprile 2020 erano le stesse del 7 febbraio, ma nel corso del tempo hanno subito degli aggiornamenti grazie alla ricerca e alle evidenze scientifiche riscontrate: a trasmettere il virus non erano soltanto i sintomatici, ma anche i presintomatici. Che vuol dire? Si è scoperto che durante il periodo di incubazione le persone infette potevano trasmettere il virus, per tale motivo è stata scelta la via dell’utilizzo delle mascherine per precauzione anche nelle persone che non sanno di essere positive virus.
Nel corso dei mesi abbiamo fatto ulteriori scoperte scientifiche sul nuovo Coronavirus. Lo studio di Ilaria Dorigatti e Andrea Crisanti sul caso Vo’ Euganeo, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, aveva spiegato la trasmissione del virus anche da parte degli asintomatici. Ecco perché è importante indossare la mascherina, perché potreste essere positivi al virus senza saperlo rischiando di fare del male a qualcuno.
Trattengono l’anidride carbonica lasciando passare il virus?
Come capita spesso nelle teorie di complotto, abbiamo la presenza di narrazioni che si contraddicono tra loro. Per esempio chi sostiene che i Coronavirus siano troppo piccoli per venire trattenuti dalle mascherine, afferma anche la possibilità di venire avvelenati dall’eccesso di anidride carbonica, molecola necessariamente più piccola di una particella virale (virione), ch’è invece composta da grandi catene di amminoacidi e nucleotidi.
Guru molto apprezzati già in ambito NoVax, come il farmacista Stefano Montanari, hanno sostenuto che la mascherine «al massimo fermano i tacchini, non i virus come il Coronavirus che sono grandi 120 nanometri; da quelle mascherine passa tutto».
La trama del tessuto è fondamentale, in quanto trattiene le particelle di saliva (droplet) che emettiamo parlando, starnutendo e tossendo, così viaggiano i patogeni trasmissibili per via aerea. Bisogna mettere l’accento sulla prova dell’accendino: se non riusciamo a spegnerlo soffiando significa che la mascherina funziona (e aiuta anche a riconoscere quelle che non sono a norma). Sarebbe del tutto assurdo concepire dei virus che viaggiano a secco nell’aria. L’anidride carbonica invece è un gas.
Tanti operatori sanitari nel mondo devono indossare per ore quelle ritenute più sicure, le N95, senza per questo venire avvelenati dal loro stesso respiro. Ma il si è fatto sempre così, non può essere una argomentazione sufficiente: si presentino allora studi epidemiologici seri pubblicati su riviste scientifiche, dove dall’analisi di un numero significativo di casi, emerga un alto tasso di avvelenamento da anidride carbonica negli operatori sanitari. Al momento nessuno ne trova, al netto di qualche esperimento fai da te, dove si evincono livelli anomali di CO2 nel sangue, senza fare analisi direttamente su campioni ematici.
Le mascherine possono causare ipercapnia?
Partendo dalla tesi supposta della CO2 in eccesso, si arriva ad altre narrazioni, più terrificanti. Il culmine al momento è stato raggiunto con la fake news, riportata anche dalla coniuge di Montanari, Antonietta Gatti – altrettanto apprezzata negli ambienti complottisti – riguardante un bimbo che «si sente male e cade a terra» a bordo di uno scuolabus in Germania. Il tutto basato non su case report (articoli basati su singoli casi clinici), come ci si aspetterebbe da una scienziata che vuole dimostrare realtà scomode, bensì mediante l’aneddotica filtrata dai tabloid tedeschi.
Ma con le mascherine, secondo le narrazioni NoMask, si potrebbe addirittura morire di cancro o di infarto. Tutto avrebbe origine dal fenomeno della ipercapnia. Si tratta di una eventualità piuttosto remota, come ci aveva spiegato l’ingegnera biomedica del Politecnico di Torino Alice Ravizza, esperta delle relative normative e certificazioni:
«L’ipercapnia indica l’aumento dell’anidride carbonica nel sangue – spiega Ravizza – se la mascherina non ha una buona respirabilità, si crea un ambiente all’interno in cui viene respirata sempre la stessa aria, come quando si respira velocemente nel boccaio dello snorkeling».
«Le mascherine certificate hanno la capacità di filtrare – continua l’esperta – permettendo anche il passaggio d’aria senza sforzo respiratorio, specialmente quelle costituite da materiale filtrante certificato. Sono garantite tutte anche per evitare l’ipercapnia». Nessuno nega che il problema piuttosto potrebbe derivare dalle mascherine fai da te.
E un cancro?
Non di meno, secondo il già citato Montanari, «quando tu sei in ipercapnia tu vai anche in acidosi, cioè il tuo organismo diventa più acido del dovuto. Il pH, l’indice di acidità, si abbassa e più è basso questo pH e più è acido il tuo organismo. Più è acido l’organismo e più tu hai facilità ad ospitare malattie. La malattia più vistosa che si instaura con l’acidosi è il cancro».
Tutto questo ci ricorda le tesi del noto truffatore Tullio Simoncini, il quale sosteneva di curare il cancro col bicarbonato, agendo sull’ambiente acido collegato ai tumori. A seguito delle terribili conseguenze della sua «cura», Simoncini è stato radiato dall’Ordine dei medici e processato per omicidio colposo ed esercizio abusivo della professione.
Esiste un fenomeno noto come glicolisi, il quale avviene comunemente nel metabolismo delle nostre cellule, si basa sul consumo del glucosio per produrre energia. Non è l’unica fonte, parallelamente le cellule possono rifornirsi anche dai loro mitocondri, vere e proprie batterie cellulari. Nei tumori si è osservato che il fenomeno della glicolisi avviene anche in presenza di grandi quantità di ossigeno, fino a «200 volte superiori a quelle normali», come riporta AIRC. Tutto questo si chiama «effetto Warburg», perché venne scoperto per la prima volta dal premio Nobel Otto Heinrich Warburg, il quale evidentemente continua a venire frainteso, da più frangenti che si contraddicono tra loro.
In un contesto normale, il glucosio attraverso la glicolisi, diventa piruvato; quest’ultimo sarà trasformato in acetil-coenzima A, il quale entra nel mitocondrio e va incontro al ciclo di Krebs. Quindi viene prodotta una grande quantità di energia, e la molecola di partenza viene completamente ossidata, dando luogo ad anidride carbonica e acqua. In questo modo l’energia prodotta è realtivamente poca. Senza il ciclo di Krebs viene prodotta infatti pochissima ATP, ovvero la moneta di scambio del metabolismo cellulare.
Nel contesto del cancro abbiamo cellule che si moltiplicano in maniera incontrollata. Questo richiede energia, che si ottiene innanzitutto dal glucosio. Le cellule tumorali invece non trasformano completamente il glucosio in anidride carbonica e acqua, mentre adoperano ciò che resta per la biosintesi di altre molecole, che gli servono per crescere e proliferare.
Ma il ciclo di Krebs non si arresta. Viene comunque prodotta anidride carbonica e si consuma ossigeno, con una glicolisi che diventa imponente. In condizioni normali tutto finisce nel ciclo di Krebs, mentre nelle cellule tumorali il 50% del glucosio si ferma alla glicolisi, senza procedere oltre e andando in lattato. Nell’ambiente tumorale avremo quindi poco ossigeno (perché comunque viene consumato a livello del Krebs), tanta anidride carbonica e tanto lattato. Questo fa abbassare il pH, generando l’ambiente acido.
In sostanza, si scambia la causa con l’effetto (tanta anidride carbonica e ambiente acido). Montanari rivela lacune in microbiologia comprensibili per un farmacista (noi stessi abbiamo dovuto consultare degli esperti veri), ma non giustificabili, se poi si pretende di denunciare presunti eventi avversi, che non trovano alcun riscontro nella letteratura scientifica.
Provocano la candida polmonare?
Giulio Tarro, ai microfoni di Radio Radio, dichiara quanto segue:
Bisogna considerare che, per giunta, le mascherine in alcuni soggetti non possono essere usate, sia perché diventano allergici, sia perché possono addirittura provocare una candidosi polmonare pericolosissima.
Questa è una diceria diffusa anche tramite i social attraverso immagini come la seguente:
Il Dott. Thomas Nash, pneumologo e specialista in malattie infettive presso il New York Presbyterian Hospital, aveva spiegato a Reuters che ciò che troviamo nella mascherina è quello che espiriamo ed è difficile che le persone sane espirino spore di funghi. La mascherina dovrebbe contenere dunque queste spore, ma allora dovremmo aver utilizzato una di queste dopo averla lasciata in contatto con il fungo in qualche superficie sporca come quella di un vecchio capanno.
Secondo i CDC, i funghi comuni si trovano nell’ambiente ed entriamo in contatto con le spore in continuazione senza ammalarci. C’è bisogno di una certa predisposizione per contrarre un’infezione, ma le mascherine non ne sono la causa.
Proteggere me o gli altri? La gran confusione
Potremmo sottilizzare parlando più precisamente delle cosiddette «mascherine da egoista» che proteggono chi le indossa, ma non gli altri dal proprio droplet. Ma il punto è la funzione sociale dell’utilizzo delle mascherine chirurgiche comunemente acquistabili in farmacia, che proteggono il prossimo dalle nostre particelle di saliva.
La letteratura scientifica mostra come – nel contesto generale di limitare la trasmissibilità del nuovo Coronavirus – le mascherine unite al rispetto della distanza di sicurezza e al monitoraggio dei positivi, siano un valido strumento. Va da sé che questi dispositivi devono essere fatti in un certo modo. Non conta solo il materiale, ma anche la forma, in quanto non devono indurre chi le porta a toccarsi la faccia per sistemarle. Non ci sembra difficile, né costoso, comprare quelle sicuramente certificate che si possono acquistare in farmacia.
Se si pensa che bastino da sole a proteggerci individualmente, vale la critica fatta nelle prime fasi della pandemia dal virologo Roberto Burioni: «servono soltanto a chi è malato». Non è possibile testare la positività al SARS-CoV2 nell’intera popolazione, quindi dobbiamo ragionare tutti come se fossimo positivi e asintomatici, o presintomatici. Infine, occorre un corretto uso da parte di tutti (tenere il naso scoperto non è una buona idea), unito all’osservanza di tutte le norme di distanziamento sociale. Tenuto conto di tutto questo, proviamo ad ascoltare nuovamente i consigli dell’OMS, disponibili già da febbraio sotto forma di video-tutorial. Vi sembra per caso che si faccia confusione? Oppure sono i nostri pregiudizi a distorcere il senso delle sue raccomandazioni?
«Assembramenti senza mascherine, dove sono i morti?»
Una delle tante affermazioni in voga negli ambienti negazionisti è quella della mancanza di infetti e morti a seguito di manifestazioni o eventi pubblici dove sono stati riscontrati assembramenti senza mascherine.
I risultati di un eventuale contagio non si apprendono dall’oggi al domani e gli assembramenti potrebbero aver diffuso il virus in soggetti poi risultati asintomatici. Non sappiamo, anche a causa di un corretto tracciamento, quanti di questi asintomatici possano aver causato focolai.
Obbligatorietà e libertà
L’obbligatorietà è la sconfitta della comunicazione. Come per i vaccini, è fondamentale comunicare la loro importanza al fine di farla comprendere ai cittadini e contrastare in maniera corretta i loro dubbi. Ne abbiamo parlato in un precedente articolo.
Abbiamo parlato tanto di infodemia, la circolazione di informazioni in maniera eccessiva e senza che ne sia stata controllata la veridicità, una delle cause principali della confusione generata nei cittadini in merito al virus e alle attività di prevenzione. La confusione ha favorito il rafforzamento di narrative scorrete, negazioniste e complottiste tra le tante, dando voce a personaggi «fuori dal coro» o auto dichiaratisi «indipendenti» raccogliendo proseliti e in alcuni casi denaro.
Tra i cavalli di battaglia di coloro che contrastano l’utilizzo delle mascherine, utili a difendere più gli altri che se stessi, c’è quello della «violazione delle libertà». L’obbligatorietà non è un buon risultato, come abbiamo riportato precedentemente, ma il suo utilizzo non priva la possibilità di uscire di casa, di lavorare o di condividere momenti di tranquillità con le altre persone. Non si nega l’esistenza di una serie di problemi causati dal loro utilizzo.
Open.online is working with the CoronaVirusFacts/DatosCoronaVirus Alliance, a coalition of more than 100 fact-checkers who are fighting misinformation related to the COVID-19 pandemic. Learn more about the alliance here (in English).
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