Alle 16 vertice cruciale tra Regioni e governo. Dopo il caos delle ordinanze si va verso un’unificazione delle misure?
Le ultime in ordine di tempo sono Toscana e Sicilia. Un’ordinanza è già stata presentata dal governatore Eugenio Giani, l’altra sta per essere firmata dall’omologo Nello Musumeci. In un contesto di emergenza ormai acclarata per l’aumento dei contagi da Coronavirus, le notizie in arrivo dai territori confermano il consolidamento di un caos istituzionale in cui continua a mancare un coordinamento reale ed efficace tra le misure introdotte dalle singole Regioni e il governo centrale.
Oggi, 24 ottobre, è previsto alle 16 un incontro tra Conferenza delle Regioni e governo, che potrebbe sancire l’unificazione delle misure di contrasto al contagio in un nuovo Dpcm. In mattinata, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano ha invocato «misure severe ovunque in Italia»; due giorni fa firmava un’ordinanza per sospendere le attività didattiche in presenza nelle scuole superiori. Se Lombardia, Campania e Lazio hanno fatto da apripista nell’introduzione di restrizioni volte ad arginare la nuova ondata di contagi, nelle ultime ore provvedimenti analoghi sono già stati o stanno per essere adottati da altre Regioni.
Competenze limitate
Solo oggi, in Toscana, sono state preannunciate la didattica a distanza al 50% per le superiori e la sospensione alle visite in ospedale. In Sicilia, si va verso lo stop delle lezioni in presenza nelle scuole superiori con il contestuale avvio della didattica a distanza; il dimezzamento dell’utilizzo dei posti passeggeri nei mezzi trasporti pubblico urbano ed extraurbano, ferroviario e marittimo e il divieto di circolazione con ogni mezzo dalle ore 23 alle 5 del giorno successivo. Misure restrittive sono state messe in campo anche da Calabria, Umbria e Piemonte, oltre alle Regioni già citate.
In un quadro epidemiologico in preoccupante peggioramento da diversi giorni ormai, la fotografia che emerge è quella di un governo che temporeggia prima di prendere decisioni impopolari, e di Regioni che chiedono uniformità d’intervento ma, nel frattempo, continuano a muoversi in autonomia, pur avendo poteri limitati: hanno competenza in materia sanitaria, ma non di sicurezza per cui (in caso per esempio di limitazioni alla libertà di circolazione), non disponendo di forze di polizia, devono rivolgersi al prefetto, e dunque al ministero dell’Interno.
Tensioni e invasioni di campo
Era il 16 ottobre quando l’Italia superava la soglia dei 10 mila contagi e, parola dell’Istituto superiore di sanità (Iss), entrava nella fase acuta dell’epidemia. Lo stesso Iss lanciava un appello affinché Regioni e ministero della Salute lavorassero a braccetto per affrontare, in maniera unitaria ed efficace, l’emergenza all’orizzonte. Sono trascorsi otto giorni, e quel coordinamento tra territori e governo centrale continua a mancare.
Il risultato è che, sullo sfondo di una pandemia che non accenna ad allentare la propria morsa, nel Paese si assiste a uno scaricabarile istituzionale che non fa che accentuare lo scontro tra governatori ed esecutivo. Ne sono un esempio il botta e risposta sulla scuola tra il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e la ministra Lucia Azzolina, o le richieste di un lockdown nazionale recapitate dal governatore campano Vincenzo De Luca all’esecutivo. Polemiche e invasioni di campo che ampliano la faglia tra territori e governo, ritardando ogni giorno di più quel coordinamento tanto invocato e mai garantito.
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