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Pronto soccorso allo stremo: «Mancano 3.000 medici e c’è troppa ansia da contagio, ecco perché siamo in emergenza» – L’intervista

25 Ottobre 2020 - 08:22 Fabio Giuffrida
Salvatore Manca, presidente della Società di medicina di emergenza-urgenza, spiega a Open le ragioni del caos in corsia: «Regioni virtuose? Non ce ne sono, siamo tutti nelle stesse condizioni da Nord a Sud»

Solo il 23 ottobre «600 pazienti con sospetto Covid si sono riversati nei pronto soccorso del Lazio, circa 300 in Sardegna». A dirlo a Open è Salvatore Manca, presidente della Società italiana di medicina di emergenza-urgenza (Simeu), che racconta come i pronto soccorso siano costretti a farsi carico, ogni giorno, di centinaia di pazienti «con raffreddore e tosse che chiedono di essere sottoposti a tampone rapido» per paura di essere stati infettati. Una situazione che si riscontra in tutta Italia, da Nord a Sud: «Purtroppo non abbiamo regioni virtuose, siamo tutti nelle stesse condizioni».

Cosa non sta funzionando negli ospedali

I motivi di questo caos, dice, sono da rintracciare sia nell’ansia crescente dei cittadini sia nel «mancato funzionamento dei servizi territoriali», dai medici di base alle Usca (Unità speciali di continuità assistenziale). «I pazienti sanno che siamo operativi h24 e quindi vengono da noi riempendo i pronto soccorso. Siamo stati presi d’assalto e siamo davvero allo stremo, manca pure il personale. All’appello mancano 3 mila medici “urgentisti”».

A questo si aggiungano alcuni servizi di assistenza che funzionano a singhiozzo, come nel caso di Ats Milano, oltre al mancato tracciamento dei contagi (ormai in tilt) che sta spingendo migliaia di persone – in preda al panico dopo aver appreso, ad esempio, di essere stati a cena con un conoscente poi risultato positivo – a chiedere un tampone.

«Reparti Covid ancora da allestire»

Il problema – ci spiega Manca – non è dato dal triage (per il quale, dunque, non si registrano problemi rilevanti) ma dal fatto che i pazienti rischiano di essere «lasciati in pronto soccorso per 3-5 giorni perché i reparti Covid, in alcuni ospedali, devono ancora essere riaperti o sono pieni». Una sorta di “parcheggio” per gli ammalati Covid che i medici non sono più in grado di sostenere: «Questo crea un tappo, un imbuto trasformando le nostre osservazioni brevi in reparti di semi intensiva per dare assistenza respiratoria a tutte quelle persone che hanno bisogno immediato di ossigeno e che, intanto, rimangono in pronto soccorso».

Foto in copertina di repertorio: ANSA/FABIO FRUSTACI

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