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Erdogan insulta Macron: «Ha problemi mentali». E la Francia ritira il suo ambasciatore dalla Turchia. Ecco perché

L’Ambasciatore francese in Turchia tornerà a Parigi per una «consultazione». Una decisione rara, risultato di una crescente tensione tra i due Paesi. Macron twitta in serata: «Difendiamo il dibattito ma non accettiamo l’incitamento all’odio»

Dalle trivellazioni nel Mediterraneo al Nagorno-Karabakh, sono tanti i temi che dividono la Francia e la Turchia. Ma lo scontro tra i leader dei due Paesi si è acceso sull’Islam. È uno scontro che parte da lontano e che riguarda tanto la politica interna, quanto quella estera, ma le ultime battute sono state determinanti nel portare a uno strappo. Venerdì il presidente turco ha messo in discussione la salute mentale di Emmanuel Macron, invitando il presidente francese a sottoporsi a un controllo. «Cos’altro si può dire di un capo di Stato che tratta in questo modo milioni di membri di diversi gruppi religiosi», ha dichiarato Erdogan. E ancora: «Qual è il problema dell’individuo chiamato Macron con l’Islam e con i musulmani?». Così, dopo un giorno di tentennamenti, la Francia ha annunciato che avrebbe ritirato il suo ambasciatore dalla Turchia, proprio come fece con l’Italia nel febbraio del 2019 dopo le prove di amicizia tra il Movimento 5 Stelle e i Gilet gialli e il conseguente scambio di insulti con l’Eliseo.

Il “sultano” e i valori repubblicani: le basi ideologiche dello scontro

Erdogan non ha avuto alcun ripensamento e dopo l’annuncio di Parigi ha rincarato la dose, affermando che il leader francese è «ossessionato da Erdogan giorno e notte» e per questo motivo dovrebbe «sottoporsi a esami mentali». Ma da dove nasce il rancore di Erdogan nei confronti di Macron? Il leader turco non ha gradito quando, in occasione della presentazione di una legge per contrastare il «separatismo islamista» a inizio ottobre, Macron ha dichiarato che l’Islam ormai era «in crisi in tutto il mondo». Quando Erdogan parla dei «maltrattamenti» da parte del governo francese di «milioni di membri di diversi gruppi religiosi» fa riferimento anche alla campagna di secolarizzazione portata avanti dall’esecutivo francese in nome della laicità e dei valori repubblicani.

I contenuti esatti della legge, che dovrebbe essere presentata ufficialmente a dicembre, non sono ancora noti. Dovrebbe comprendere misure di contrasto alla povertà, nuovi investimenti per la scuola, e quindi per l’educazione repubblicana, ma anche una stretta sulle moschee e su tutte le associazioni che divulgano idee anti-repubblicane. L’enfasi sull’Islam ha turbato Erdogan, anche perché il leader turco ambisce apertamente ad essere se non il “Sultano”, come accusano i suoi detrattori, comunque una figura di riferimento per i musulmani in Medio Oriente.

Lo dimostrano i suoi tentativi di rafforzare l’identità religiosa in Turchia, allontanando il Paese dal nazionalismo laico del fondatore Ataturk. Un caso emblematico è stata la riconversione di Santa Sofia in una moschea. Lo dimostra anche la sua politica estera espansionista, spesso in conflitto con quella francese, dal sostegno dell’Azerbaigian all’avanzata contro i curdi in Siria. Allo stesso modo Macron – il cui partito, non a caso si chiama La République en marche – oltre a presentarsi come difensore dei valori repubblicani non vuole apparire troppo “morbido” nei confronti dell’Islam, anche per schermarsi dalle critiche che arrivano da destra – è il caso, per esempio, del partito islamofobo di Marine Le Pen – soprattutto nel momento in cui in Francia l’Islam è tornato a essere accostato al terrorismo.

Circa una settimana prima del discorso di Macron, quattro persone sono rimaste ferite in un attacco sferzato fuori dalla sede di Charlie Hebdo da un uomo di 18 anni che si era sentito offeso dalle caricature del profeta Maometto. Lo stesso motivo ha portato un altro uomo a decapitare un professore di storia che aveva osato mostrarle in classe a Parigi. Tutti fatti che non sono direttamente legati alla disputa con Erdogan, ma che hanno comunque contribuito ad avvelenare il clima.

Come ha annunciato Jean-Yves Le Drian, il capo della diplomazia francese, l’ambasciatore tornerà in Francia per «una consultazione». Si tratta di una decisione rara nella diplomazia francese: l’ultimo precedente risale proprio al caso italiano del febbraio del 2019. Tanto rara – e preoccupante – da meritare un commento da parte del capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, che ha definito «inaccettabili» le frasi pronunciate da Erdogan, invitandolo a mettere fine alle ostilità. Come a marcare l’eccezionalità dell’evento anche Macron è intervenuto su Twitter con un messaggio in arabo. «Niente ci farà indietreggiare, mai. Rispettiamo tutte le differenze in nome della pace. Non accettiamo mai l’incitamento all’odio e difendiamo il dibattito razionale. Resteremo sempre fedeli alla dignità umana e ai valori universali».

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