Dai cinema ai ristoranti, monta il malcontento per il nuovo Dpcm: «Le ricadute saranno drammatiche»
Chiusure e ristori. Il nuovo Dpcm, firmato dal premier Giuseppe Conte, impone chiusure dalle 18 in tutta Italia su bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie e pasticcerie. Ma anche teatri, cinema, palestre, piscine, alberghi, sale giochi. Un altro colpo del Coronavirus ai piccoli imprenditori, che vedranno ridotti considerevolmente i loro fatturati. Ma accanto alle limitazioni, il testo cita anche dei «ristori» che, secondo quanto dichiarato da Conte, saranno immediati e «arriveranno direttamente sul conto corrente dei diretti interessati con bonifico bancario dell’Agenzia delle Entrate».
Il nuovo decreto legge è in revisione in queste ore ed è atteso domani. A lavorarci sono stati il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, la viceministra Laura Castelli e il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli. Tra i requisiti per chiedere l’incentivo non c’è più la dimostrazione della perdita di fatturato, e l’obiettivo è quello di erogare fondi entro il 15 novembre. «Arriveranno nuovi contributi a fondo perduto. Ci sarà un credito d’imposta per gli affitti commerciali per i mesi di ottobre e novembre. Verrà cancellata la seconda rata Imu dovuta entro il 16 dicembre», ha detto Conte.
«Insieme alle misure più stringenti e uniformi che arriveranno con il Dpcm, ci saranno subito sostegni economici per quelle categorie che subiranno delle limitazioni per fermare la diffusione del virus», ha scritto su Facebook Castelli prima della conferenza stampa del premier. «Provvedimenti che verranno adottati in modo rapido, per assicurare ristori, indennizzi e cassa integrazione a tutte le realtà coinvolte. Più di quanto abbiamo già fatto a marzo» .
L’intervento economico riguarderebbe circa 232 mila imprese. Secondo uno studio della Cgia di Mestre, illustrato dal coordinatore dell’Ufficio studi degli Artigiani, Paolo Zabeo, solo le gelaterie coinvolte sarebbero 18.200. «Con l’obbligo della chiusura anticipata – ha dichiarato Zabeo – corriamo il pericolo che nel giro di qualche mese tante imprese a conduzione familiare siano destinate a chiudere definitivamente».
Le proteste delle categorie
Non sono mancate in questi giorni le proteste, soprattutto nelle due Regioni più a rischio, la Campania e la Lombardia, a partire dalla protesta del 10 ottobre in piazza Duomo a Milano dei lavoratori dello spettacolo. Poco dopo la diffusione del Dpcm, sono arrivate nuove reazioni. «Esprimiamo la nostra contrarietà, insieme a larghissima parte dell’opinione pubblica, rispetto alla sospensione delle attività dei teatri, dei cinema e dei luoghi di spettacolo», ha dichiarato il presidente dell’Agis, Carlo Fontana, in una lettera al premier Conte e al ministro Dario Franceschini.
Fontana ha parlato di «un colpo difficilmente superabile ed una drammatica ricaduta sulle decine di migliaia di lavoratori ed artisti, già al limite del sostentamento a causa del crollo del reddito. Una scelta devastante per l’intero Paese». Alzano di nuovo la voce anche i ristoratori e i proprietari dei locali di Milano. «Da dicembre non ce la farà più nessuno, la città sarà morta», ha detto Paolo Peroli, esponente del Comitato territoriale esercenti di Milano, che già lo scorso 22 ottobre aveva protestato sotto la Regione Lombardia. «Quello che serve per tamponare è almeno un 3% del fatturato del 2019». Una cifra che, spiega, potrà servire a coprire in media tre mesi di affitto, così da «non dover regalare le attività agli speculatori».
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