Crisanti sul vaccino a dicembre: «Preoccupante, arriva senza test sul campo». Le falle nel Dpcm: «Mancano regole sui trasporti, e chiudono i cinema»
«Il vaccino contro il Coronavirus disponibile per i primi di dicembre? Se questo dovesse accadere sarei preoccupato perché significherebbe che il vaccino non è stato testato sul campo, sulla popolazione, per dimostrare che c’è una differenza statisticamente significativa tra i vaccinati e i non vaccinati. Sarebbe veramente una cosa senza precedenti se questo accadesse». A spegnere gli entusiasmi sul vaccino (di dicembre aveva parlato anche il premier Giuseppe Conte nel corso della conferenza stampa in cui annunciava l’ultimo dpcm) è Andrea Crisanti, ordinario di Microbiologia dell’Università di Padova, ospite stamane di Cusano Italia Tv.
«Finora non è apparsa una sola pubblicazione scientifica al vaglio della Comunità, che testimoni che questo vaccino ha le caratteristiche che dicono che abbia», dice Crisanti. «Il vaccino è lo strumento più adatto a combattere le malattie infettive in termini di costi ed efficacia. Detto questo, il processo di sviluppo di un vaccino rimane molto complesso e lungo, anche nella distribuzione».
I buchi nel Dpcm
«Manca secondo me un vero e proprio provvedimento per regolare i trasporti, che sono un’occasione di assembramento pazzesca e non si capisce perché si tollerino i trasporti e si sanzionino cinema e spettacoli», prosegue Crisanti commentando l’ultimo Dpcm. «I numeri parlano da soli», dice ancora, e «suggeriscono una dinamica in peggioramento». Per la scuola «si poteva aprire un determinato distretto scolastico un mese prima per capire cosa succedeva in quella determinata area e non è stato fatto. Poi si potevano fare campionamenti massicci con i test rapidi per capire se c’era trasmissione virale. Adesso qualsiasi discorso sulle scuole è fatto sulla base di intuizioni, di sensazioni».
Le critiche di Crisanti sono a tutto tondo: «Il punto è che in questa situazione non ci saremmo dovuti arrivare, è il risultato di una totale impreparazione delle regioni e anche del sistema sanitario nell’implementare delle misure di sorveglianza, tracciamento e prevenzione», affonda il microbiologo. «Avevamo 5 mesi di tempo, avremmo potuto creare un sistema di sorveglianza e tracciamento e non ci saremmo trovati in questa situazione».
Ed è anche troppo tardi: «Se anche diminuissero i casi, non avremmo alcuna garanzia di poter consolidare questi risultati perché al momento attuale non abbiamo un sistema di sorveglianza che sia in grado di interrompere i contatti sul territorio, come hanno fatto Cina, Taiwan, Nuova Zelanda e anche il povero Vietnam, che ha saputo intercettare i tracciamenti sul territorio ed ha avuto pochissimi casi».
In copertina ANSA/Nicola Fossella | Andrea Crisanti a Vo’ Euganeo, Italia, 14 settembre 2020.
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