«The Covid dilemma»: la campagna della regione Lombardia che scarica la responsabilità dei contagi sui cittadini
«Indossare la mascherina o indossare il respiratore?». «Fermare il virus o fermare il sistema sanitario?». «Evitare i luoghi affollati o affollare le terapie intensive?». «Lavarsi spesso le mani o lavarsene le mani?». «Essere negativi o essere negazionisti?». Sono queste le cinque domande che pone ai cittadini la regione Lombardia, alle prese con la seconda ondata di Coronavirus, nella sua nuova campagna di comunicazione, The Covid dilemma.
Una campagna di “sensibilizzazione” che – a detta della giunta regionale – «si pone come obiettivo principale la corretta diffusione di informazioni utili ai cittadini». Ma le presunte «informazioni» contenute nei manifesti si traducono – di fatto – in domande e non in affermazioni o informazioni utili per i cittadini, alla cui sola discrezionalità è affidata la risposta.
La regione stessa, prima in Italia per numero di contagi e di decessi – un triste e doloroso primato che nessuno desidererebbe, vertici istituzionali regionali inclusi -, l’ha definita una campagna «choc». Ma era veramente necessaria?
Le domande – seppur ottimisticamente “ideate” in forma retorica – implicano decisioni che non hanno alcun bisogno di essere vagliate dato che hanno già sortito effetti negativi sull’andamento dei contagi e sulla salute dei cittadini. Non a caso, si legge ancora nel claim della campagna: «La scelta è tua, ma le conseguenze riguardano tutti noi. Aiutaci a contenere la diffusione del Coronavirus, prima che sia troppo tardi».
E a guardare i dati nazionali e in questo caso specifico regionali (solo oggi, 27 ottobre, in Lombardia si son registrati oltre 5.000 nuovi casi, ndr), non è veramente più tempo di domande retoriche da porre ai cittadini, delegando (e imputando) unicamente a loro la responsabilità della diffusione del contagio.
Se proprio si vuol continuare con gli interrogativi, allora verrebbe da chiedere ai vertici regionali della Lombardia se – al netto dei numeri in crescita esponenziale – è veramente pronta ad affrontare la seconda ondata, e se è certa di aver fatto di tutto affinché i cittadini si trovassero in condizione di poter essere responsabili in autonomia nel contenimento dei contagi.
Al momento il governatore lombardo Attilio Fontana mantiene una linea rigida e contraria alla “serrata totale”, escludendo che «ci siano le condizioni per un nuovo lockdown», e sostenendo anzi che «tutti gli interventi vanno nella direzione di evitarlo».
Ma a indebolire questa “linea dura”, caldeggiata invece dal consigliere del ministro della Salute, Walter Ricciardi, ci ha pensato il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che ha lasciato un margine di dubbio, sostenendo che «anche nella peggiore delle ipotesi» ci sarebbero «10-15 giorni per decidere un eventuale lockdown». Insomma, i primi a tentennare nel dare risposte chiare sembrano proprio essere i riferimenti istituzionali, nonché decisori politici e sociali.
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