La lettera firmata da Crisanti, Ricolfi e Orsina che accusa il governo: «I sacrifici degli italiani gettati alle ortiche»
Dieci errori commessi dal governo. Dieci mosse sbagliate che hanno portato l’epidemia di Coronavirus in Italia a quello che vediamo ora. Sono queste le accuse del documento firmato da una serie di personalità tra cui spiccano i nomi di Andrea Crisanti, Luca Ricolfi e Giovanni Orsina. Un documento che condanna subito il lavoro dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte: «È dunque riesplosa la pandemia da Covid-19. I sacrifici degli italiani, reclusi per due mesi fra marzo e aprile, sono stati gettati alle ortiche».
Gli scienziati hanno analizzato dieci dossier: dalla strategia dei tamponi di massa al tracciamento, passando per assembramenti, sanzioni e terapie intensive, fino alla medicina di territorio e i Covid Hotel, le strutture che avrebbero dovuto ospitare chi non poteva isolarsi in quarantena. «È importante avviare un’operazione verità che individui gli errori commessi non solo perchè ciascuno si faccia carico delle proprie responsabilità, ma soprattutto per evitare il ripetersi di simili errori».
I dieci errori di Conte
La prima delle dieci cose «che non si sono fatte» è la campagna di tamponi di massa di cui Crisanti si era fatto promotore. Il 5 maggio infatti il think tank Lettera 150 aveva lanciato un appello per aumentare il numero dei tamponi, in numero che invece è diminuito nei mesi in cui i contagi sono stati più bassi. La soglia fissata da Crisanti era di 400 mila tamponi al giorno, al momento il numero di tamponi ha appena superato i 200 mila.
C’è poi un attacco diretto al sistema di tracciamento, un meccanismo saltato per aria non appena i contagi della seconda ondata sono cominciati a salire: «La capacità dei Paesi dell’est Asia di tenere sotto controllo il diffondersi dell’epidemia è legata innanzitutto al tracciamento dei contatti dei positivi. Il Governo aveva promesso un sistema efficace di tracciamento informatico». La stoccata poi arriva proprio su quella che sarebbe dovuta essere la chiave di volta per tutto il sistema: «L’app Immuni non ha funzionato».
Tra gli indiziati per l’esplosione dei contagi, anche il trasporto pubblico: «I mezzi pubblici possono essere un importante luogo di diffusione del contagio. Nonostante ciò il Governo, d’intesa con le Regioni, si è limitato a stabilire una capienza massima per mezzo pubblico pari all’80%, una capienza che non consente un adeguato distanziamento». Situazione per altro documentata da Open nei giorni scorsi.
E le soluzioni per evitare questi assembramenti, secondo gli scienziati che hanno firmato il documento, c’erano tutte: «Si sarebbero potuti assumere conducenti con bandi straordinari per contratti a tempo determinato, magari fra i conducenti Ncc rimasti senza lavoro, o si sarebbero potute finanziare convenzioni con le compagnie dei taxi. Si sarebbero dovuti riaprire al traffico i centri storici, alleggerendo così la pressione sui mezzi pubblici».
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