Attentato a Nizza, l’errore su Aouissaoui che mette in difficoltà l’Italia
Il percorso dell’attentatore di Nizza, il 21enne Brahim Aouissaoui, è stato ricostruito più o meno nei dettagli: arriva a settembre a Lampedusa, finisce in quarantena, poi la nave sbarca a Bari e qui il prefetto ha deciso di fargli un foglio di via, ovvero un decreto di respingimento a cui segue l’ordine del questore di allontanarsi dall’Italia entro sette giorni. Non è stato dunque trattenuto nel Cpr di Bari, il Centro di permanenza e rimpatrio, dove avrebbe potuto essere fermato – dice il decreto Salvini ancora in vigore – addirittura per sei mesi. Non è neppure stato tentato, come accadeva in passato, di trovargli posto in un altro Cpr, in attesa del rimpatrio in Tunisia, con la quale ci sono accordi recentemente rafforzati (ma anche una lunga lista di attesa di 10mila migranti circa). È questa scelta, a cui si affiancano i ridotti controlli alla frontiera tra la Liguria e la Francia – già da tempo elemento di tensione trai i due Paesi – , che ora rischia di mettere ulteriormente in imbarazzo l’Italia dove da Parigi erano da tempo arrivate richieste di aiuto sul monitoraggio degli sbarchi dalla rotta del Mediterraneo centrale.
La scelta di Bari
A una prima ricostruzione, infatti, quando l’8 ottobre Brahim Aouissaoui arriva a Bari, viene fatto uno screening sui suoi precedenti penali e sugli alert segnalati dalla Tunisia. Non ci sono precedenti e dunque è difficile tenere il suo nome tra quelli che Tunisi è comunque obbligata ad accettare, chiariscono ora dal Viminale. Il Paese mediterraneo, infatti, da tempo cerca di stringere le maglie dei rimpatri: i viaggi verso l’Italia sono aumentati e la Tunisia non intende riammettere tutti coloro che sono partiti. Lo deve fare per chi ha precedenti penali – perché qui c’entrano temi anche di cooperazione di polizia se non giudiziaria. Sugli altri ha limitato i reingressi a 80 persone a settimana. In teoria, nel suo come in altri casi, l’Italia potrebbe comunque cercare di forzare: tenerlo nel Cpr per sei mesi, aspettare che ci sia posto su uno dei voli concordati diretti in Tunisia e rimpatriarlo comunque.
Allo stesso tempo, è pur vero che nel corso dell’ultimo anno sono arrivati in Italia circa 10 mila tunisini e che quindi – agli attuali ritmi – difficilmente potranno essere rimpatriati tutti. Il tentativo di trattenere Aouissaoui avrebbe comunque potuto portare a un nulla di fatto. In ogni caso, non viene fatto. Per questa prima ragione, perché spesso i Cpr sono stracolmi e perché – spiegano alcune fonti – negli ultimi mesi, pur non abolendo i decreti Salvini, si è scelto di non applicarli in modo pedissequo, ad esempio evitando di arrivare ai sei mesi di trattenimento. Anche l’allentamento dei controlli a Ventimiglia è stato letto nella stessa logica. O almeno è così che queste scelte vengono lette dalla Francia. Che dopo l’attentato di Nizza, al di là delle frasi di circostanza, non ha mancato di esporre all’Italia il proprio disappunto.
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