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Coronavirus, quanto ci costano 10 giorni di ritardo nel lockdown? Le previsioni su casi, decessi e terapie intensive

30 Ottobre 2020 - 15:56 Felice Florio
Un’analisi dei tempi di raddoppio fatta con il fisico Giorgio Sestili rileva la necessità di chiudere subito: «Se non tutto il Paese, almeno le regioni con più contagi»

Che sia light alla francese o soft alla tedesca, un nuovo lockdown, vista la situazione epidemiologica in Italia, sembrerebbe inevitabile. Se in Francia le chiusure partono il 30 ottobre e in Germania il 2 novembre, la serrata in Italia, al momento, è solo un’ipotesi e molte fonti indicano il 9 novembre come possibile data di inizio. Ogni giorno che passa senza ridurre drasticamente la mobilità delle persone, però, è un giorno in più dato al Coronavirus per diffondersi seguendo un trend esponenziale.

Immaginare quali saranno i dati dell’epidemia in Italia dopo la prima settimana di novembre è possibile se ci si avvale della matematica, non dell’opinione. I tassi di crescita del contagio seguono una curva indiscutibilmente esponenziale. Il tempo di raddoppio dei nuovi casi, in tutto il mese di ottobre, è stato di circa sette giorni. Ovvero? Ogni settimana, il numero di nuove infezioni individuate in Italia è stato il doppio delle infezioni registrate la settimana precedente.

I tempi di raddoppio dei nuovi casi

«Se guardiamo il totale dei casi positivi individuati da lunedì a giovedì di questa settimana, il dato raggiunge la cifra di quasi 91 mila infezioni totali». Parte da questo calcolo Giorgio Sestili, fisico e divulgatore scientifico, per dimostrare, andando a ritroso, la velocità con cui si sta diffondendo il virus nel Paese. «Negli stessi quattro giorni della settimana precedente, il totale dei contagi era stato di circa 51 mila». Due settimane fa, la somma indicava il valore approssimativo di 26 mila, tre settimane fa i casi riscontrati da lunedì a giovedì erano circa 13 mila, quattro settimane fa quasi 7 mila.

«Da quattro settimane a oggi, i casi sono pressoché raddoppiati ogni sette giorni». Solo nella settimana corrente si registra un lieve rallentamento del tempo di raddoppio, poiché si è passati da 51 mila a 91 mila contagi. «Il tempo di raddoppio si sta dilatando, lievemente – spiega Sestili -. Potrebbe essere dovuto ai Dpcm del 13 e del 18 ottobre e, in generale, a una maggiore attenzione nei comportamenti dei cittadini generata dall’allarme per la seconda ondata».

I tempi di raddoppio delle terapie intensive e dei decessi

Tuttavia, il tasso di crescita del contagio è ancora troppo elevato, visto che il tempo di raddoppio attuale potrebbe essere stimato intorno ai nove giorni. Prevedere cosa comporterà aspettare ancora 10 giorni prima di introdurre un lockdown non può prescindere dall’analisi della situazione delle terapie intensive. Stando ai dati del 29 ottobre, ci sono 1.651 posti letto occupati nei reparti di terapia intensiva. «Questo dato raddoppia in media ogni 10 giorni – sottolinea Sestili -. Infatti, il 20 ottobre, i posti letto occupati erano 870».

Guardando indietro, il tempo di raddoppio trova conferma: l’11 ottobre erano 420 le terapie intensive occupate. «Le terapie intensive sono raddoppiate con un lasso di tempo di circa 9-10 giorni. E continueranno – segnala il fisico – visto che gli effetti delle restrizioni su questo dato si vedono in ritardo rispetto agli effetti sui contagi». Si torna alla “regola” dei sette giorni per il tempo di raddoppio dei decessi. Al 29 ottobre, le vittime totali in Italia sono 38.122. «Una settimana prima il dato indicava la cifra di 36.968». Tradotto? In una settimana sono morte 1.154 persone.

Andando indietro di altri sette giorni, al 16 ottobre, i decessi totali erano pari a 36.427, ovvero 541 vittime in una settimana, circa la metà. Ancora, tornando al 9 ottobre, i deceduti totali erano 36.111, 316 morti in una settimana. «Il tempo di raddoppio si è addirittura abbreviato», rimarca Sestili. Sintetizzando l’analisi, i casi positivi sono iniziati a crescere esponenzialmente con un tempo di raddoppio a sette giorni dai primi di ottobre. Decessi e terapie intensive hanno seguito il trend con una settimana di ritardo: le terapie intensive aumentano esponenzialmente con un tempo di raddoppio di 10 giorni, mentre i decessi ogni 7 giorni.

Cosa implica aspettare 10 giorni prima di introdurre un lockdown?

Con gli attuali tempi di raddoppio possiamo ipotizzare che tra 10 giorni avremo il doppio delle terapie intensive occupate attualmente, «tra i 3.200 e i 3.300 posti letto impegnati», stima Sestili. Ovvero, il 50% delle terapie intensive di cui dispone il sistema sanitario italiano. «Allo stesso modo, potremmo dire che se negli ultimi sette giorni i morti sono stati 1.154, durante la prossima settimana potrebbero perdere la vita tra i 2.200 e i 2.300 pazienti Covid», spiega il fondatore della pagina Coronavirus – Dati e analisi scientifiche.

Per quanto riguarda i casi positivi, se oggi se ne registrano circa 27 mila ogni 24 ore, «tra una decina di giorni potremo essere intorno ai 45 mila contagi giornalieri», tarando il numero con il lieve rallentamento osservato dopo i primi due dpcm di ottobre. È troppo presto, invece, per valutare quali siano stati gli effetti del Dpcm del 24 ottobre sulla curva epidemica. «Tutto ciò, però, non dimostra che se avessimo anticipato il lockdown i numeri del contagio sarebbero scesi subito a zero», chiosa Sestili.

Un confronto con la Germania

Un lockdown, infatti, serve a frenare la curva e «prima si implementa, prima si raggiunge il picco». È significativo il paragone con quanto sta succedendo in Germania. «Lì ci sono solo il 5% delle terapie intensive occupate, mentre in Italia siamo al 22% del totale». Ancora, la Germania, ieri, ha registrato circa 18.700 casi, mentre l’Italia, lo stesso giorno ha sfiorato quota 27 mila. La situazione della Germania è migliore non solo in termini assoluti, ma ancor di più se rapportata alla popolazione: i cittadini italiani sono circa 20 milioni in meno rispetto ai tedeschi.

Eppure in Germania il lockdown entrerà in vigore già dal 2 novembre, «per far fronte a una situazione epidemiologica più tranquilla rispetto all’Italia, avendo meno terapie intensive occupate e meno casi positivi giornalieri – rimarca Sestili -. L’Italia, invece, sembra muoversi con lo stesso ritardo dei francesi, che hanno fatto partire il lockdown solo dopo aver sfondato la soglia dei 50 mila casi».

Il tempismo della Germania, che oggi ha un tempo di raddoppio dei contagi pari a dieci giorni, serve ad appiattire la curva esponenziale prima che arrivi ad assomigliare a quella italiana e francese. La stessa Merkel, annunciando le misure restrittive, ha dichiarato che «con questo tasso di crescita, il sistema sanitario tedesco potrebbe collassare». L’ha detto con soltanto il 5% delle terapie intensive occupate.

Lo scenario delle terapie intensive italiane nei prossimi 10 giorni

Secondo i dati del ministero della Salute, ad oggi sono sei le regioni che hanno superato la soglia di allarme del 30% dei posti letto occupati in terapia intensiva. L’Umbria ha raggiunto il 54% dei posti occupati, il Piemonte il 40%, la Campania il 38%, la Lombardia il 35%, la Valle d’Aosta il 35% e le Marche il 31%. «Con l’attuale tasso di crescita delle terapie intensive – segnala Sestili – con un tempo di raddoppio a 10 giorni, raggiungeremo la saturazione in meno di un mese». Se non si interviene subito, tutti posti in terapia intensiva potrebbero essere occupati prima di dicembre.

Al momento in Italia sono circa 6.500 le terapie intensive disponibili nelle strutture ospedaliere. Oggi sono 1.651 le terapie intensive occupate: «Con questi tempi di raddoppio, tra 10 giorni arriveremo a una cifra di 3.2003.300, tra 20 giorni il sistema sanitario non avrà più letti disponibili», calcola il fisico. «Queste analisi matematiche ci portano a dire che, forse, è già troppo tardi per un lockdown: qualunque misure adotteremo oggi, mostrerà i suoi effetti non prima di 710 giorni, entrando a regime dopo due settimane, il periodo massimo di incubazione del virus».

Certo, bisogna ancora valutare l’esito che il Dpcm del 24 ottobre avrà sulla diffusione del virus, «ma se aspettiamo il 9 novembre per introdurre un lockdown alla tedesca, bisogna avere il coraggio di considerare che, quel giorno, avremo già il 50% delle terapie intensive occupate, perché il dpcm del 24 ottobre incomincerà solo allora a mostrare i suoi effetti sui ricoveri». Preoccupa ancora di più considerare che, se il lockdown in Italia partirà il 9 novembre, i suoi effetti non saranno visibili prima del 16-20 novembre, «esattamente il giorno in cui si stima la saturazione completa delle terapie intensive».

È chiaro che un rallentamento dei vari tempi di raddoppio, da qui al 20 novembre, ci sarà, visto che cominceranno a essere visibili sulle curve epidemiologiche gli interventi del governo, «ma il punto è quanto fletteranno le curve? I giorni che guadagneremo con queste misure attuali sembrano molto pochi. Siamo sul filo del rasoio», afferma Sestili. Se il governo intervenisse oggi, invece, anticiperemmo di dieci giorni gli effetti di un lockdown sul contagio.

«Perché la Germania, che vive una situazione migliore della nostra, adotta un lockdown già il 2 novembre e noi dovremmo aspettare il 9?», si domanda il fisico. «È un eccesso di attenzione da parte della Germania o siamo noi a non renderci conto che, per fermare un trend in corsa, è necessario molto tempo?». Quando in Italia fu deciso il primo lockdown, a marzo, il picco epidemico si raggiunse solo un mese più tardi, ad aprile.

Situazione analoga a quella francese

È utile, per comprendere gli effetti di un lockdown sulla curva epidemica, la metafora di un treno che deve fermare la sua corsa: più il treno viaggia velocemente, più lo spazio di frenata aumenta. Ma un treno non si arresta mai immediatamente. «Un altro termine di paragone potrebbe essere la Francia – aggiunge Sestili -. Ha sfondato la soglia dei 50 mila casi giornalieri ed è assolutamente plausibile pensare che anche l’Italia, pur con qualche leggero rallentamento, in 10 giorni potrebbe arrivare a queste cifre».

Sembrerebbe che, per convincere l’opinione pubblica della necessità di un lockdown, ci sia bisogno dei morti. Questa è la drammaticità della classe politica di alcuni Paesi. Poi, in Italia, è plausibile pensare che un nuovo lockdown rappresenterebbe un fallimento per il governo del premier Conte, il quale ha dichiarato in più occasioni «mai più un lockdown». «Che si stia facendo di tutto per evitarlo è chiaro – afferma Sestili -, il punto è che ogni giorno di ritardo si traduce nella morte di più persone».

«In alcune regioni è inevitabile chiudere tutto, in altre invece si può evitare il lockdown». Per il fisico, la strategia potrebbe essere questa. E sarebbe necessario adottarla «fin da subito, per evitare la valanga di contagi che stanno provenendo da Milano, Napoli, da Varese e da alcune regioni come la Liguria». Oggi, le cinque regioni che hanno un Rt maggiore di 1,5 sono Lombardia, Campania, Liguria, Lazio e Valle d’Aosta, «le sorvegliate speciale che potrebbero beccarsi un lockdown prima delle altre».

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