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Usa 2020, è già partito lo scontro giudiziario. I timori di Trump sul voto per corrispondenza

30 Ottobre 2020 - 06:57 Riccardo Liberatore
Il presidente crede che il voto via posta lo danneggi. Così in alcuni stati il partito repubblicano sta cercando di rimediare, senza troppa fortuna

La gara elettorale tra Joe Biden e Donald Trump viene spesso paragonata alle elezioni del 2000 tra George W. Bush e Al Gore. In quell’occasione gli Stati Uniti rimasero con il fiato sospeso per circa un mese dopo la fine delle elezioni, il tempo necessario per risolvere una controversia nata in Florida, dove in varie contee in cui era favorito Al Gore i voti non erano stati contati correttamente. Alla fine, dopo una serie di azioni legali, recriminazioni e addirittura una protesta passata alla storia come la Rivolta di Brooks Brothers era dovuta intervenire la Corte Suprema per bloccare il riconteggio dei voti, confermando la vittoria di Bush nello stato e, visto che il margine tra i due candidati era piuttosto sottile, nell’intero Paese.

Oggi con la campagna elettorale ancora in corso (anche se il voto in alcuni Stati è già cominciato) sono già iniziati i ricorsi. Un po’ a sorpresa visto le paure legate alla nomina di Amy Coney Barrett, in due stati la Corte suprema ha respinto la richiesta dei repubblicani di limitare il numero dei giorni entro cui potranno essere recapitate le schede con i voti per corrispondenza.

Lo scontro nella Carolina del Nord e in Pennsylvania

In Pennsylvania, uno degli Swing States (stati determinanti per il risultato finale perché dotati di un numero considerevole di grandi elettori), i repubblicani avevano chiesto alla Corte di decidere prima del 3 novembre se lo stato poteva continuare a ricevere le schede con i voti per corrispondenza fino a tre giorni dopo le elezioni. La Corte ha rifiutato. In un altro ricorso la Corte ha avallato la decisione della Carolina del Nord di permettere agli elettori l’invio delle schede fino a 9 giorni dopo il 3 novembre.

In entrambi i casi vale la pena sottolineare che Amy Coney Barrett non ha partecipato alle decisioni perché, essendo stata eletta alla Corte suprema soltanto qualche giorno fa, non aveva avuto abbastanza tempo per prepararsi. Al di là di Barrett, quello del voto per corrispondenza è un tema importante vista la frequenza con cui Trump ne ha parlato. In questa tornata elettorale poi, il voto per corrispondenza è stato potenziato come misura anti-Covid. Il presidente sostiene che si tratti di un voto poco sicuro, anche se non ci sono prove di questa tesi.

Trump e i repubblicani temono piuttosto che il voto via posta possa favorire i democratici (anche se pure in questo caso non è affatto scontato) e pur di recuperare questo svantaggio sono disposti a ricorrere ai tribunali. E non solo. In Pennsylvania, scrive il New York Times, la squadra elettorale di Trump ha già inviato nello Stato dei rappresentanti con il compito di vigilare sul voto. Secondo alcune testimonianze, questi rappresentanti avrebbero fatto pressione sugli amministratori perché venga impedito agli elettori di consegnare più di una scheda alla volta (per conto dei loro familiari, per esempio).

Alla fine però il rischio è anche che il servizio postale americano possa non reggere, soprattutto dopo i tagli introdotti a luglio. Stando ai dati di questa settimana in quasi 1 caso su 10 le schede non sono state smistate in tempo. A Philadelphia un giorno si è arrivati anche a 4 casi su 10. Proprio per questo i tribunali avranno parecchio da fare anche dopo il 3 novembre.

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