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Coronavirus, l’appello dei medici: «Non si decida chi ricoverare in base all’età. Lo Stato non ci lasci da soli» – L’intervista

31 Ottobre 2020 - 07:24 Fabio Giuffrida
Un tema a lungo dibattuto, anche nel corso della prima ondata del virus. Adesso, con l’aumentare dei contagi e dunque dei ricoveri, il problema si pone di nuovo. Ecco cosa faranno i medici in caso di necessità

«Non vorrei trovarmi a non avere più respiratori a sei mesi dalla prima emergenza. Lo Stato non può lasciarci da soli nelle decisioni da prendere, deve metterci nelle condizioni di lavorare serenamente». A parlare a Open è il segretario della Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri), Roberto Monaco. Ad avanzare la stessa richiesta, in un documento condiviso con la Federazione dei medici, è anche la società di Anestesia, Rianimazione e Terapia intensiva. «Ci preoccupa, con l’aumentare dei contagi da Coronavirus, la mancanza del personale, dei posti letto e dei respiratori. Noi cureremo sempre tutti ma, in mancanza di risorse, dovremmo decidere chi ricoverare in intensiva e chi no. E lo faremo non solo in base all’età, che dunque non deve avere carattere prevalente nella scelta, ma anche in base ad altri parametri».

Cosa succede in mancanza di posti letto in rianimazione

In caso di necessità, dunque, verrà data la precedenza, per l’accesso ai trattamenti intensivi «a chi potrà ottenere grazie a essi un concreto, accettabile e duraturo beneficio, applicando criteri rigorosi, concorrenti e integrati, valutati caso per caso». Dunque bisognerà valutare «l’intero quadro clinico. Si valuti il “sistema salute”, non solo l’età», ci spiega Monaco. Nessuno verrà lasciato indietro, «tutti verranno curati». Questo accordo, però, «non deve diventare un alibi per lo Stato per non intervenire sulla sanità».

Un tema, quello dell’accesso alle cure, nello specifico alle rianimazioni, che rischia di creare una corsia preferenziale a chi ha maggiori chance di sopravvivenza ai danni di chi, vuoi per l’età e vuoi per le patologie pregresse rischia di non ricevere le migliori cure possibili. Un tema di cui a lungo si è dibattuto nel corso della prima ondata e che si ripropone a distanza di alcuni mesi.

Ad esempio, in Svizzera, in un documento elaborato dall’Accademia Svizzera delle Scienze mediche e dalla società svizzera di Medicina intensiva, in vigore dal 20 marzo ma mai adottato, si mette nero su bianco bianco la necessità, in caso di mancanza di risorse, di negare l’accesso alla rianimazione ai pazienti con più di 85 anni o agli over 75 con patologie gravi.

«Sì ai tamponi negli studi dei medici di base»

Adesso le strutture sanitarie sono sotto pressione «ma ancora non ai livelli di marzo e aprile». Intanto, per alleggerire il peso dell’emergenza sanitaria, tutto sulle spalle degli ospedali, serve oggi più che mai l’aiuto dei medici di base e dei pediatri (per l’esecuzione dei tamponi negli studi). Ne è convinto Monaco: «Assolutamente favorevole ma solo in condizioni di sicurezza. I medici di famiglia hanno già pagato un prezzo altissimo nel corso della prima ondata, ora non vanno mandati allo sbaraglio».

Foto in copertina di repertorio: EPA/MAURIZIO BRAMBATTI

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