Isolare gli anziani per salvarli e allontanare il lockdown per tutti: l’ipotesi divide gli esperti
Lockdown. La parola più temuta della Fase 3 della pandemia è tornata a farsi strada in tutta Europa. Prima le chiusure in Irlanda, poi il confinement della Francia e del Belgio, le restrizioni del Regno Unito e della Repubblica Ceca. Ora che i numeri del Coronavirus in Italia hanno raggiunto quelli francesi di due settimane fa (ieri oltre 31 mila nuovi casi), e ora che l’Istituto superiore di sanità (Iss) ha parlato di uno scenario 4 alle porte, il parola non è più un tabù. Ma per scongiurare gli effetti drammatici che una nuova chiusura totale avrebbe sulla psicologia e sull’economia degli italiani, alcuni esperti stanno iniziando a parlare dell’ipotesi di un lockdown “generazionale”: la messa in isolamento, in pratica, solo delle fasce di età più a rischio.
Con la crescita della curva dei contagi, anche l’età media delle terapie intensive si è alzata. Parallelamente – e matematicamente – i decessi registrati quotidianamente stanno crescendo. Il problema della salvaguardia dei soggetti più fragili ha ora di nuovo urgenza di essere risolto, dopo un’estate in cui il virus pareva essere, secondo alcuni, «clinicamente morto». Secondo uno studio pubblicato dall’Ispi e redatto dal ricercatore Matteo Villa, se si riuscisse a isolare gli over 60 le vittime della Covid-19 sarebbero 10 volte meno. E l’impatto economico sarebbe quasi nullo.
Come si legge nello studio, «in Italia l’82% dei deceduti per Covid aveva più di 70 anni e il 94% ne aveva più di 60 anni». La letalità plausibile del virus, come si è capito in questi mesi di emergenza, «cresce esponenzialmente con l’età, uccidendo meno di 5 persone su 10.000 nella fascia d’età 30-39 anni, ma oltre 7 persone ogni 100 tra gli ultra-ottantenni (vedi grafico qui sotto)».
Sarebbe sufficiente, dunque, isolare gli ultra-ottantenni per dimezzare o quasi la mortalità diretta del virus. «Se poi riuscissimo a isolare efficacemente gli ultra-sessantenni, la mortalità scenderebbe allo 0,07%, circa dieci volte inferiore, equivalente a 43.000 persone. Di fatto, si tratterebbe di un numero di decessi annui inferiore all’eccesso di mortalità fatto registrare tra marzo e maggio in Italia nel corso della prima ondata». Dal punto di vista economico, un lockdown di questo tipo permetterebbe «di evitare i contraccolpi più severi» – gli over 60 sono il 9% della forza lavoro, gli over 75 il 2,4% (e va considerata anche la possibilità del lavoro da remoto).
I contro
Ma l’isolamento selettivo delle fasce di popolazione più a rischio non è certo la panacea di tutti i mali. «Si tratta di una strategia intermedia tra coprifuoco e lockdown nazionale (o a zone), da valutare solo quando il virus è sfuggito al controllo», spiega Villa. Lo stesso autore mantiene dei dubbi sull’ipotesi: non è così immediato pensare di isolare una fascia di popolazione (con quali rischi sulla loro psiche? E con quali certezze che le famiglie non vadano comunque a trovarli o ad aiutarli?) e «potrebbe comunque non evitare lockdown nazionali o a zone»
E poi: è davvero possibile isolare il 17% degli italiani (la cifra degli over 70), o addirittura il 29% (la cifra degli over 60)? In Italia la percentuale di persone che vive a casa con anziani è molto più elevata, e elevata è anche quella di chi vive a un chilometro da i loro figli: come spiegato dall’Istat, tra gli over 75, il 51% vive a una distanza di non oltre un Km dal figlio più vicino e il 20% ci vive insieme. Solo l’8,9% non ha figli e vive solo, e appena lo 0,9% ha figli all’estero.
Pensare di isolare tutti gli anziani nelle Rsa o in hotel ad hoc sembra essere un’ipotesi scartata in maniera unanime. Soprattutto perché la situazione nelle residenze per anziani sembra di nuovo patire le criticità della prima ondata: con l’aumento dei nuovi casi sono tornati a crearsi cluster all’interno delle strutture. Puglia, Toscana, Campania e Trentino sono solo alcune delle regioni in cui si sono segnalati preoccupanti numeri di contagi.
Come dice a La Stampa il geriatra Raffaele Antonelli Incalzi, nei casi più complicati non è escluso che si possa morire di lockdown. Con un’isolamento generazionale «avremmo effetti positivi sulla mortalità da Covid, ma potrebbe aumentare quella legata ad altre patologie», spiega Incalzi. A partire dallo scompenso cardiaco fino al diabete, fino all’insufficienza renale e respiratoria. Senza dimenticare la «depressione legata alla privazione degli affetti» e il peggioramento della condizione fisica legata alla diminuzione del movimento.
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