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Coronavirus, Lancet: «La chiusura delle scuole riduce del 15% i contagi in 28 giorni. +24% dopo la riapertura» – Lo studio

02 Novembre 2020 - 13:42 Giada Giorgi
I dati dei ricercatori di Edimburgo sono stati ripresi nelle ultime ore da Galli e Burioni per intervenire nel dibattito sulla didattica a distanza. Anche De Luca li ha condivisi su Facebook

Alle porte di un nuovo Dpcm anti-Covid, si continua a discutere su uno dei settori più complicati da gestire durante l’emergenza sanitaria: la scuola. L’ipotesi della didattica a distanza al 100% per superiori e terza media potrebbe diventare tra poche ore una certezza sul documento ufficiale firmato dal premier Conte, nonostante la bassa percentuale, il 3,8% circa, che i focolai negli istituti scolastici rappresenterebbero nell’attuale incremento della curva epidemica. È proprio quest’ultimo dato a fare da leva per le argomentazioni dei “no dad”, contrari alla chiusura delle scuole come soluzione per arginare i contagi. Sul tema è stato pubblicato però uno studio della prestigiosa rivista scientifica The Lancet, più volte citato negli ultimi giorni anche da diversi scienziati italiani in prima linea nella lotta al virus.

Secondo quanto riportato da Lancet la chiusura delle scuole può ridurre del 15% la trasmissione del virus in 28 giorni e la riapertura provocare un aumento del 24% dopo la stessa quantità di tempo. Un dato scientifico emerso dallo studio di quanto successo in più di 131 Paesi in tutto il mondo e ora considerato punto di riferimento anche per il dibattito nazionale sulla didattica a distanza. È il professor Massimo Galli a riportare i dati pubblicati da Lancet Infectious Diseases sul suo profilo Twitter, seguìto dal virologo Roberto Burioni, che su Medical Facts e poi su Facebook ha condiviso quanto emerso dallo studio della rivista, senza voler aggiungere alcun altro commento in merito al dibattito delle ultime ore.

«La chiusura delle scuole è stata ampiamente adottata in precedenza per controllare i focolai di influenza e le pandemie, ed è stato dimostrato che riduce e ritarda i picchi di epidemie», si legge nello documento scritto dagli scienziati dell’Università di Edimburgo in merito agli «interventi non farmaceutici» adottati per la lotta al virus. E a condividere è anche il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca che non ha perso l’occasione di segnalare i dati della ricerca e ribadire la correttezza della sua decisione di chiudere le scuole del territorio.

«Sapete quali sono le due misure non farmaceutiche di gran lunga più efficaci per il contenimento del COVID-19?» ha chiesto su Facebook il governatore. «Divieto di eventi/assembramenti con più di dieci persone e lo stop alla didattica in presenza nelle scuole» ha poi risposto augurando agli utenti una «buona lettura».

Il ruolo dei bambini nella trasmissione non sarebbe per gli scienziati di Edimburgo ancora chiaro, ma il riferimento a un ulteriore studio cinese citato nelle pagine della ricerca sembra fare luce su percentuali importanti circa il ruolo degli istituti scolastici. «La chiusura delle scuole da sola non potrebbe interrompere la trasmissione», si legge, «ma potrebbe potenzialmente ridurre il picco di incidenza del 40-60% e ritardare l’epidemia di Covid-19».

Le incertezze

«Bisogna fare notare che nella nostra analisi non siamo stati in grado di tenere conto delle diverse precauzioni relative alla riapertura della scuola che sono state adottate da alcuni Paesi» scrivono i ricercatori dello studio pubblicato su Lancet, sottolineando come distanziamento in classe, potenziamento delle misure di sanificazione e controllo della temperatura non sono elementi che hanno contribuito al rilevamento delle percentuali di responsabilità nella trasmissione del virus. Non solo. Lo studio non è stato in grado di registrare l’effetto della riapertura differenziando i gradi scolastici. Un elemento che gli scienziati hanno tenuto a specificare in quanto «l’effetto della riapertura potrebbe differire per fasce di età».

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