«Trump? Un realista in politica estera. L’America ha rotto con il passato». Parla l’ex vice consigliera alla sicurezza nazionale
Di tutte le promesse fatte dall’attuale presidente americano nel 2016, quella dell’America First, ovvero rimettere gli interessi americani al centro della politica estera di Washington, sembra per gli analisti quella mantenuta con più determinazione. Oggi, 3 novembre, giorno delle elezioni, il Capo della Casa Bianca proverà a riconfermarsi per un secondo mandato dopo che in questi quattro anni, Trump ha messo «in moto una serie di correzioni attese da tempo». Ne è convinta soprattutto la dottoressa Nadia Schadlow, vice per la strategia nazionale dell’ex consigliere alla sicurezza nazionale di Donald Trump, Herbert R. McMaster.
La rottura di Trump con la politica estera dell’establishment americano «è stata lampante nel confronto con la Cina», spiega a Open Schadlow. «Trump ha fondamentalmente messo in discussione se negli ultimi 15 anni, l’aver interagito con Pechino, avergli permesso di entrare nell’organizzazione mondiale del commercio, abbia avvicinato Pechino a valori democratici e liberali», o al contrario, aggiunge Schadlow, «gli abbia permesso di manipolare le regole a suo vantaggio».
Dalla Cina ai diritti umani
Il confronto con Xi Jinping non è stato certo conciliatorio. Il braccio di ferro sui dazi prima, e poi le forti accuse di sul Coronavirus, insieme alla repressione delle proteste a Hong Kong, e degli uiguri, hanno alzato la tensione tra i due Paesi. Ma Trump, dice Schadlow, rimane un «realista, non è certo un militarista, non vuole usare la forza militare, ma allo stesso tempo capisce che avere un solido apparato militare e di difesa è una parte importante della postura internazionale».
Nel 2018 Donald Trump ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dal Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani. Una decisione che è apparsa come una forte rottura rispetto al passato, sia dalla retorica del ruolo di leadership degli Stati Uniti nel promuovere i diritti umani, che nelle priorità di Washington. Ma questo «non è vero», dice Schadlow.
«Molti media si sono soffermati su questa decisione, ma dalla lotta allo Stato Islamico, fino ad aver messo in discussione l’apertura di Obama a Cuba senza aver chiesto niente in cambio, è chiaro che la questione dei diritti umani rimane centrale per Trump». Lo è soprattutto se si vedono i successi dell’ex ambasciatrice statunitense all’Onu, Nikki Haley, che «ha esposto tutte le contraddizioni di questo consiglio sui diritti umani e degli Stati che vi fanno parte», ha spiegato l’ex consigliera.
Rompere con il passato
Un’attenzione ai diritti umani che – spiega Schadlow – è stata centrale anche nella scelta di ritirarsi dall’accordo sul nucleare iraniano. «Quello promosso dall’amministrazione Obama e concordato dal gruppo dei 5+1 non guardava a fermare la promozione del terrorismo da parte dell’Iran, ma si è concentrato solo sul nucleare senza depotenziare la capacità di Teheran di usare le sue proxy per destabilizzare la Regione».
Un approccio, quello verso l’Iran, che è sembrato molto più duro rispetto a quello adottato verso la Corea del Nord: «In realtà – dice Schadlow – a Pyongyang sono state imposte le più dure sanzioni che siano mai stato adottate nella relazione tra i due Paesi». La scorsa settimana il New York Times ha chiesto però al governo americano di risparmiare Teheran da ulteriori sanzioni in un momento cosi critico e di grande emergenza sanitaria: «Gli è stato offerto aiuto umanitario – aggiunge Schadlow – e stiamo tutt’ora facendo tutto il possibile per far arrivare il nostro contributo».
E se da una parte Trump ha cercato una postura più aggressiva verso l’Iran, rispetto al suo predecessore, dall’altra Washington ha rafforzato il suo legame con Riad. Ma, su questo rapporto, pesano le accuse fatte dall’Onu, e da vari attivisti e avvocati indipendenti, per la morte del giornalista Jamal Khashoggi. L’Arabia Saduita è inoltre accusata, insieme agli Emirati, di crimini di guerra in Yemen: «Gli Stati uniti hanno relazioni con Stati diversi», dice Schadlow.
Multilateralismo
Per quanto riguarda la Nato, più volte nei suoi discorsi Trump ha ribadito come la “divisione degli oneri” nell’alleanza atlantica non sia equa. Definendo, come anche fatto da Obama, i Paesi europei opportunisti. «Sicuramente una delle eredità di questi quattro anni è che Trump si è assicurato che gli Stati Uniti non venissero sfruttati da altri Paesi», aggiunge Schadlow, secondo cui il presidente americano ha mostrato, tra le altre cose, anche i difetti della globalizzazione. «Pensavamo che fosse un bene per tutti in termini assoluti, ma così non era e lui l’ha messa giustamente in dubbio. Ci sono vincitori e perdenti in questo sistema, e la sfida per il presidente sarà capire cosa fare andando avanti».
Leggi anche:
- Usa 2020, telefonate robot spaventano gli elettori: «Restate a casa». Stimate 10 milioni di chiamate, l’Fbi indaga
- L’ultimo appello al voto di Trump è una compilation con i suoi balletti sulle note di Ymca – Il video
- A due giorni dalle elezioni, Biden è in vantaggio in diversi stati chiave. Trump fa il pieno di comizi e si affida ai suoi elettori “timidi”
- Usa 2020, attacco finale sul Covid. Trump: «I medici gonfiano i numeri per soldi». Obama: «Pensi solo al tuo ego»
- Usa 2020, le grandi sfide che aspettano il presidente: disegnare il (nuovo) ruolo dell’America nel mondo
- Usa, alta tensione sul voto per posta. Trump: «Non appena chiuderanno le urne ci muoveremo con i nostri avvocati» – Il video
- Elezioni Usa, imboscata in Texas per il bus di Biden. Accerchiato da automobilisti pro Trump: comizio annullato