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L’ipotesi del risultato in stallo negli Usa: «Nello scenario peggiore il presidente verrà scelto dal Congresso» – L’intervista

06 Novembre 2020 - 07:37 Cristin Cappelletti
Secondo David Schultz, professore di politica e legge all’università Hamline del Minnesota, i contenziosi avviati dal presidente americano sono un “vicolo cieco”

Nel suo sforzo per garantirsi un secondo mandato alla Casa Bianca, Donald Trump ha lanciato una battaglia legale in diversi Stati americani. Con il risultato dell’elezione ancora in bilico, lo staff del presidente americano ha intentato cause, al momento, in quattro stati chiave: Pennsylvania, Georgia, Michigan e Nevada. «Se conti i voti legali, è facile dire che ho vinto questa elezione. Se conti i voti illegali e quelli arrivati per posta, possono rubarci l’elezione». Così Donald Trump, tramite un comunicato del suo staff, ha accusato ancora una volta i democratici di frode elettorale.

Sia in Georgia che in Michigan i rispettivi giudici hanno però respinto la richiesta dello staff repubblicano di fermare il conteggio dei voti per presunte irregolarità. «È molto improbabile che qualcuna di queste cause avrà successo», spiega a Open David Schultz, professore di scienze politiche e studi legali americani all’università Hamline del Minnesota. Mai come in questa elezione un cosi gran numero di persone – più di 100 milioni – ha votato per posta, una misura presa a causa della pandemia ma che il presidente americano contesta da mesi.

«Non ci sono basi per definire illegale il voto per corrispondenza e non c’è ragione per fermare il conteggio», dice Schultz. «Trump dovrebbe dimostrare che, legalmente parlando, è stato in qualche modo danneggiato da alcune schede. Ma fino ad ora non è stato in grado di dimostrare niente, e le sue affermazioni non hanno alcuna base legale. Credo proprio che finirà in un vicolo cieco».

Trump vs Pennsylvania

Il 4 novembre, poche ore dopo la chiusura dei seggi, dalla Casa Bianca Trump ha annunciato che porterà la sua battaglia alla Corte Suprema, ma è quasi impossibile che la Corte «accetterà le sue rivendicazioni. Ci sono dei requisiti da rispettare e le sue affermazioni sono state vuote». Con lo scrutinio aperto in sei Stati, la battaglia legale sarà molto combattuta in Pennsylvania. Quì l’amministrazione Trump ha contestato la decisione della Corte Suprema di permettere l’arrivo dei voti postali fino a tre giorni dopo l’Election Day.

«In Pennsylvania è stato stabilito che i voti non possono essere contati fino all’apertura dei seggi nel giorno dell’elezione», chiarisce Schultz. «Con il voto per corrispondenza che secondo i sondaggi sarebbe largamente in favore di Joe Biden, e con milioni di voti ancora da contare, l’amministrazione Trump vuole impedire che le schede postali vengano aperte».

Tutttavia, nella situazione attuale Biden potrebbe ottenere la presidenza anche senza la Pennsylvania. «Quello che sta facendo Trump è semplicemente una continuazione della strategia usata dalla campagna elettorale. Vuole mettere in discussione la legalità del voto per poi delegittimare una eventuale presidenza di Biden».

La scadenza del “porto sicuro”

Nel 2000, un lungo contenzioso in Florida tra George W. Bush e Al Gore andò avanti per settimane. Fu la corte suprema a bloccare il riconteggio dei voti chiesto dallo sfidante democratico e a confermare quindi la vittoria cruciale di Bush nello stato della costa orientale. «C’è una scadenza legale oltre la quale non è possibile andare e si tratta dell’8 dicembre», dice Schultz. In quella data, definita “porto sicuro”, «ogni Stato nel quale sia stato avviato un contenzioso elettorale deve avere un vincitore». Altrimenti, la legge federale dice che il Congresso può rifiutare di accettare i voti elettorali di quello Stato.

C’è un scenario tra i peggiori che non può essere totalmente escluso secondo Schultz. Se entro l’8 dicembre gli Stati non avranno confermato le loro schede, «allora il Congresso – in quella che è definita una elezione contingente – può stabilire che gli elettori non saranno validi nel conteggio finale». E in questo caso, aggiunge Schultz, «potrebbe essere la camera dei Rappresentanti a selezionare il presidente, mentre il Senato sceglierà il vicepresidente».

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