Che fine hanno fatto le proposte della «Task Force» contro le Fake News?
L’arrivo del nuovo Coronavirus ha scatenato, fin dagli inizi, la circolazione di numerose informazioni e notizie, imprecise o completamente errate, che hanno reso di difficile comprensione la situazione che ci apprestavamo a dover affrontare. Di fronte a tale caos informativo, ad una vera e propria «infodemia», c’era la necessità di fornire delle risposte chiare e corrette ai dubbi dei cittadini, travolti da un giornalismo non scientifico e da numerose bufale diffuse sia dai media che sui social. A tal proposito, il 4 aprile e in pieno lockdown, venne istituita dalla Presidenza del Consiglio un’Unità di monitoraggio per il contrasto della diffusione delle fake news relative alla Covid19 sul web e sui social network di cui ho fatto personalmente parte in qualità di consulente. Non è andata per niente bene.
La buona volontà non è mai mancata e dopo numerose video conferenze, chat Whatsapp e telefonate, il gruppo di consulenti esterni di cui facevo parte aveva stilato una serie di proposte raggruppate in tre ambiti di intervento rese pubbliche sul sito del Dipartimento per l’informazione e l’editoria. Una volta adempito alle nostre funzioni mi sarei aspettato, e non credo di essere l’unico, un riscontro concreto per fornire un adeguato servizio pubblico, ma sebbene l’Unità sia ancora in carica sembra di assistere a un fantasma o a un giocattolo abbandonato dopo averci giocato per un po’ di tempo.
Il primo ambito di intervento individuato dai consulenti esterni era proprio quello di favorire un facile accesso alla comunicazione istituzionale, ma quanti cittadini conoscono la reale attività svolta dall’Unità di monitoraggio? Pochi, pochissimi! Per indirizzarli bisognava andare a cercare il comunicato del 4 aprile, pubblicato nel sito del dipartimento, e cliccare sul link posto sotto la colonna «Per saperne di più» che rimanda al PDF con i dettagli del lavoro svolto e delle proposte fatte dai consulenti dell’Unità.
Il primo ambito di intervento proponeva anche l’accesso ai contenuti scientificamente più attendibili, armonizzando le FAQ sulla Covid19 tra le varie istituzioni o creando un unico hub online dedicato, dove dare riscontro anche alle fake news che minano la buona riuscita delle misure contro la diffusione del virus, il tutto in maniera asettica e senza imporre un bollino a qualcuno come una sorta di «Santa Inquisizione». L’obiettivo era ed è quello di aiutare, non di attaccare!
Si poteva fare molto, come la creazione di un profilo Whatsapp, Telegram o Messenger dove un bot poteva fornire risposte automatiche alle domande formulate dai cittadini, una realtà già messa in pratica all’estero e che potevamo replicare. Su alcune delle domande più frequenti avremmo potuto realizzare brevi video con le risposte e caricarli sui vari social per facilitarne la diffusione.
Il gruppo dei consulenti era consapevole che la lotta all’infodemia e alle notizie false sulla Covid19 non poteva essere passiva, ma doveva essere anche attiva, da parte degli stessi cittadini. Avevamo proposto, a tal proposito, lo sviluppo di attività ludiche (gamification) come dei quiz dove ad ogni risposta sbagliata veniva fornita all’utente tutta una serie di spiegazioni utili a comprendere l’errore, reindirizzandolo alle FAQ del Ministero o dell’hub dedicato. L’obiettivo finale, insieme ad altre attività e strumenti, era quello di stimolare lo spirito critico affinché ogni cittadino potesse valutare in maniera indipendente la bontà e l’affidabilità dell’informazione data.
Il terzo ambito di intervento era rivolto alla ricerca attraverso un’analisi quantitativa del fenomeno della disinformazione, con l’obiettivo di valutarne l’impatto e la creazione di campagne di comunicazione utili a contrastarla fornendo ai cittadini un aggiornamento continuo delle FAQ sulla Covid19.
Sono passati mesi dall’ultimo incontro svolto dall’Unità insieme ai consulenti esterni, ma fino ad oggi non ho avuto alcun riscontro concreto a queste proposte. Pare che l’uscita dal lockdown abbia allentato l’attenzione su questo punto focale nonostante durante tutta l’estate abbiamo dovuto assistere ai bisticci mediatici tra esperti e alla disinformazione da parte dei media, che non hanno fatto altro che generare ulteriore confusione. Il fenomeno dell’infodemia doveva essere arginato, come il virus, ma oggi ci ritroviamo a dover affrontare sia la seconda ondata che la rabbia dei cittadini che sono stati lasciati da soli, senza risposte e attenzioni da parte delle istituzioni.
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