«Vogliamo tutti i dati sul Covid-19». Open firma la campagna per chiedere trasparenza al governo
Rosso, arancione e giallo. Tre livelli di allerta. Tre sistemi di norme. Tre impatti diversi sull’economia, la scuola e la vita sociale. E tutto questo in base a 21 parametri. Da quando l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte ha deciso di puntare sul lockdown regionale i numeri che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi mesi per descrivere l’epidemia di Coronavirus hanno acquisito un altro valore. Nelle prime settimane l’appuntamento era chiaro.
Ogni giorno, alle 18, la Protezione civile convocava una riunione per diffondere i dati più importanti: il numero dei nuovi contagi, quello delle vittime, quello dei pazienti guariti e quello delle terapie intensive e commentarli nel corso di una conferenza stampa. Numeri che con il passare delle settimane abbiamo imparato a leggere anche noi, così da capire quando un dato sui contagi è davvero rassicurante e quando invece è basso solo perché sono stati fatti pochi tamponi. Numeri che però ora non bastano più.
I 21 parametri scelti dal ministero della Salute, dall’Istituto superiore di Sanità e dagli esperti designati dalla Conferenza delle Regioni, sono molto più complessi. Ci sono i dati epidemiologici, quelli che raccontano lo stato dell’epidemia, ma anche quelli che servono a capire l’affatticamento delle strutture sanitarie e la capacità delle Regioni di tracciare i positivi. Dati che non sempre sono comunicati in maniera chiara.
Tanto che la Regione Calabria è stata accusata di aver tagliato il numero di pazienti in terapia intensiva per tentare di sfuggire alla zona rossa. Senza contare che non si conosce quale sia il peso di ognuno di questi dati sulle decisioni finali del ministero. Intanto, è di ieri l’anticipazione secondo la quale altre cinque regioni passeranno dalla fascia gialla a quella arancione: Abruzzo, Umbria, Basilicata, Umbria e Toscana; mentre la provincia di Bolzano passerà in zona rossa.
L’associazione Ondata ha lanciato la petizione #datiBeneComune per chiedere al governo di non far diventare tutto questo un tema discusso solo negli incontri riservati alle Regioni ma di comunicare tutto. Diffondere tutti i dati serve alla stampa, per esercitare la sua funzione di watchdog, serve ai cittadini, per sapere come stanno decidendo i politici che hanno eletto, e serve a chiunque abbia un attività commerciale, per evitare di trovarsi a chiudere da un giorno all’altro come è successo a Milano. Nella conferenza di ieri parte di questi dati è stata anticipata con un pdf. È un passo avanti, ma non basta.
Open ha deciso di firmare questa petizione, insieme a decine di associazioni e testate che promuovono la trasparenza dell’informazione. Da oltre otto mesi, ogni giorno aiutiamo a leggere i dati di questa pandemia con la rubrica Numeri in chiaro. Ora abbiamo bisogno anche di questi numeri. I nostri lettori stanno rinunciando alla loro libertà e al loro lavoro per fermare l’epidemia di Coronavirus. Hanno diritto di sapere cosa sta succedendo.
Cosa chiede la petizione
Sono cinque le richieste di #datiBeneComune al Governo. Oltre a quella di rendere trasparenti i numeri dell’epidemia, lo scopo di questa campagna infatti è quello di promuovere la creazione di una struttura in grado di certificare e garantire il flusso di queste informazioni nei prossimi mesi. I dati non devono solo essere trasparenti ma anche machine readable, pubblicati cioè in formati che poi possano essere rielaborati da chiunque voglia analizzarli.
Rendere disponibili, aperti, interoperabili (machine readable) e disaggregati tutti i dati comunicati dalle Regioni al Governo dall’inizio dell’epidemia, per monitorare e classificare il rischio epidemico (compresi tutti gli indicatori di processo sulla capacità di monitoraggio, di accertamento e quelli di risultato). Fare lo stesso per tutti i dati che alimentano i bollettini con dettaglio regionale, provinciale e comunale, della cosiddetta Sorveglianza integrata COVID-19 dell’Istituto Superiore di Sanità e i dati relativi ai contagi all’interno dei sistemi, in particolar modo scolastici. Tutti i dati devono riportare la data di trasmissione e aggiornamento
Rendere pubbliche le evidenze scientifiche, le formule e gli algoritmi, che mettono in correlazione la valutazione del rischio, le misure restrittive e l’impatto epidemiologico ad esso correlato
Recepire nella gestione, pubblicazione e descrizione dei dati tutte le raccomandazioni della task force “Gruppo di lavoro 2 – Data collection and Infrastructure“, presenti nel documento “Analisi dei flussi e mappatura delle banche dati di interesse per la task force dati per l’emergenza COVID-19”.
Nominare un/a referente COVID-19 su dati e trasparenza e un/a referente per ogni regione, a cui la società civile possa fare riferimento.
Istituire un centro nazionale, in rete con omologhi centri regionali, dedicato ai dati Covid, che non solo imponga standard e formati, ma che coordini e integri nuovi sistemi di raccolta e individui le criticità in quelli esistenti.
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