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Le prime dosi del vaccino a metà gennaio 2021, prima però l’ipotesi del lockdown nazionale: il retroscena sul piano riservato del governo

10 Novembre 2020 - 06:18 Giovanni Ruggiero
Con la pressione sempre più insistente sugli ospedali, potrebbe essere necessaria una chiusura uniforme su tutto il territorio nazionale fino a metà dicembre. Almeno finché il vaccino non sarà pronto per la distribuzione a operatori sanitari e Rsa

L’arrivo delle prime dosi del vaccino della Pfizer contro il Coronavirus è fissato per metà gennaio, più o meno il 20 del primo mese del 2021. Circa 3,4 milioni di dosi per 1,7 milioni tra medici, infermieri e ospiti delle Rsa – visto che il vaccino prevede due somministrazioni – secondo il retroscena di Tommaso Ciriaco su Repubblica che svela il piano a tappe forzate che il governo sta sviluppando per l’inizio dell’immunizzazione nazionale, la più vasta mai fatta finora che coinvolge in accordo tutti i Paesi dell’Ue.

Un piano su cui si è cominciato a lavorare in segreto dallo scorso 29 ottobre, dopo un incontro riservato in videoconferenza tra alti rappresentanti della società farmaceutica e il ministro della Salute Roberto Speranza. Tempi serrati per organizzare l’imponente logistica necessaria per trasportare, conservare e somministrare il vaccino che nel mentre potrebbe portare a un altro, si spera ultimo, lockdown nazionale, ma stavolta con una via d’uscita più vicina e concreta rispetto al buio della scorsa primavera.

Il piano per la distribuzione

La strada che porta a metà gennaio 2021 è tortuosa e piena di ostacoli, tanto per i tempi strettissimi dettati dai numeri imponenti di ricoveri e contagi in Italia e in Europa, quanto per le possibili decisioni tutt’altro che semplici dovranno esser prese dal governo perché quei numeri non crescano ulteriormente, sottraendo risorse preziose per l’organizzazione della vaccinazione su larga scala. Al piano parteciperà la sanità militare, aggiunge il retroscena de la Repubblica, che curerà buona parte degli aspetti logistici, dal trasporto all’allestimento delle strutture per le punture, con il coinvolgimento del commissario all’emergenza Domenico Arcuri.

Dall’incontro con Speranza di due settimane fa, i rappresentanti della Pfizer si sono mostrati già ottimisti su un possibile via libera dell’Ema, l’agenzia europea per il farmaco, già a metà dicembre. Più probabile però che i tempi della sperimentazione facciano slittare tutto a metà gennaio. Tempo prezioso per definire gli ultimi dettagli dei piani da parte dei Paesi Ue con cui è già stato sottoscritto il contratto di fornitura. Il piano di distruzione italiano sarà sviluppato nelle prossime settimane da una commissione speciale all’interno del ministero della Salute. Nel frattempo, Italia e Germania sperano di chiudere l’accordo tra i Paesi Ue per le quote di distribuzione entro venerdì, così da lavorare su dati più precisi. A Roma spetterebbe il 13,5% delle prime dosi, quindi 3,4 milioni da somministrare a 1,7 milioni di persone.

L’ipotesi lockdown nazionale

La pressione sugli ospedali italiani si sta facendo sempre più forte, in particolare sulle terapie intensive dove sono ricoverati 2.749 pazienti gravi, con le proiezioni che riportano lo spettro degli oltre 4 mila malati gravi registrati lo scorso aprile. Nel governo, secondo il retroscena di Repubblica, si sta rifacendo strada l’ipotesi di un lockdown nazionale che uniformi le chiusure tra le varie regioni, con buona pace delle zone gialle, arancioni e rosse. Una chiusura più pesante su tutte le attività, comprese le scuole, almeno fino a metà dicembre.

Scenario che il premier Giuseppe Conte vorrebbe evitare, sperando in un calo della curva epidemiologica nei prossimi 10 giorni. Ma se questo non dovesse verificarsi nell’entità sperata, la strada del lockdown nazionale resterebbe l’unica praticabile, come chiedono i medici, per arrivare però più pronti con l’arrivo dei vaccini, compreso quello di AstraZeneca sviluppato a Oxford, che si andrebbe ad aggiungere ampliando la copertura ad altre categorie più a rischio.

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