Daniele Poggio, il leghista che racconta l’incubo del Covid dopo essere stato in coma: «Mettete la mascherina»
Il consigliere regionale della Lega in Piemonte Daniele Poggio ha rischiato di morire. In coma per 45 giorni, ricoverato in rianimazione con una prognosi molto seria, è stato travolto dal Covid, preso a marzo «al bar o in treno». Oggi racconta la sua storia per dare una risposta sonora ai negazionisti. Peccato che il leader del suo partito, Matteo Salvini, almeno in un primo momento, non abbia mostrato grande attenzione per le regole, togliendosi spesso la mascherina (ad esempio, è stato multato per non aver usato la mascherina durante un comizio a Benevento, ndr) e scattandosi selfie in pubblico con chiunque senza preoccuparsi del distanziamento fisico come misura di prevenzione contro il rischio di contagio da Coronavirus. «Lo diceva tempo fa, quando c’era confusione: ora vedo che la porta sempre. Se lo incontrassi, direi ciò che da medico dico a tutti. Che il Coronavirus è una brutta bestia: bisogna indossare sempre la mascherina, lavare spesso le mani, mantenere le distanze» dice Poggio a la Repubblica.
«Non getto la croce addosso al governo»
Poggio, che non vuole entrare in polemica con Salvini, è certamente distante dalle posizioni del partito che, nelle ultime settimane, si è scagliato più volte contro il governo Conte: «Io sono della Lega, ma non me la sento di gettare la croce né addosso al governo, né alla Regione o ad altre istituzioni. Si poteva far meglio? Probabilmente sì. Sono stati fatti errori? Anche. Ma bisogna essere coinvolti in questa situazione per capire. E da medico so cosa significhi avere di fronte una pandemia».
Ha perso «25 chili»
Poggio ha rischiato la dialisi e ha perso 25 chili: «A mia moglie avevano detto che c’era poco da fare – spiega – e, invece, per fortuna ho portato a casa la pelle e ora sto bene. Mi restano delle cicatrici sui polmoni, quelle me le terrò per sempre, eppure alla fine posso dire di essere stato fortunato». Quello che adesso lo preoccupa di più – come evidenziato anche dagli infermieri a Open – è l’indifferenza dei cittadini: «C’è ancora troppa gente che non usa la mascherina e non osserva le regole». Per questo la soluzione, al momento, resta quella di una «chiusura totale per almeno un mese». Sulle zone rosse – conclude – «si poteva agire prima, magari chiudendo le città a rischio, come Torino, Milano, Varese, Napoli, Monza, e non altre zone che invece non sono così in affanno».
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